Il progetto dell’auto senza pilota uscirà dalla sezione “X” per diventare indipendente, segno che l’arrivo sul mercato è più vicino. Ma la corsa verso la vettura robot è sempre più agguerrita, tra Uber, Tesla e i “vecchi” dell’automotive decisi a non farsi superare
ROMA – Presto non sarà più una X, uno di quei progetti visionari con cui Google vuole portarci la vita eterna o Internet dalla stratosfera. E questo significa che la sua Car, l’auto che si guida da sola, è un po’ più vicina a diventare realtà, un prodotto sul mercato. All’interno della galassia di Alphabet, il Self-Driving Car Project si trasformerà a breve in una società autonoma. Da gennaio ha già un suo bilancio indipendente, ha spiegato ieri il capo dell’X Lab, dei progetti speciali, Astro Teller. E in queste settimane il gruppo sta completando i passaggi legali per darle una sua ragione sociale. Nella nuova e più trasparente struttura di Alphabet, vuol dire che il gruppo si aspetta di realizzare in un orizzonte abbastanza breve i primi ricavi. Una risposta ai tanti dubbi di analisti e mercato sul progetto di Google per l’auto robot. La società di Mountain View è stata una delle prime a crederci, inziando le sperimentazioni già nel 2006. Eppure, dopo oltre due milioni di chilometri macinati su strada, i risultati concreti faticano ancora a vedersi. Alphabet ha esteso i test su asfalto dalla Silicon Valley ad altri stati americani, Texas, Washington e Arizona. E attrezzato per la guida autonoma, oltre ai Suv Lexus e alle Pacifica di Fca, anche un suo prototipo, ribattezzato per la forma “il koala”. Solo che negli ultimi mesi, nella sfida per portarci la vettura che si guida da sola, altre società sembrano più avanti. Uber prima di tutto, che a Pittsburgh sta sperimentando i suoi primi taxi senza guidatore (delle Volvo) e la scorsa settimana ha portato a termine la prima consegna con un camion robot, grazie a una startup acquisita in estate, Otto. Ma anche Tesla, i cui nuovi modelli avranno tutti la strumentazione necessaria alla guida senza pilota, in attesa che sia collaudato anche il software, l’intelligenza in grado di comandarli.
Secondo gli analisti di Ihs Markit i primi modelli del cosiddetto livello 5, l’automazione completa, dovrebbero arrivare sul mercato a partire dal 2020, e l’adozione di massa arrivare solo dopo il 2025. I movimenti delle società in quella direzione però si stanno già facendo frenetici. Basta vedere la crescita di investimenti nelle startup che si occupano di guida autonoma, dai sensori per leggere l’ambiente, alle mappe, ai software per elaborare l’enormità di dati di guida: quest’anno per la prima volta dovrebbero superare il miliardo di dollari. O le tante acquisizioni fatte dai grandi “vecchi” dell’automotive, come Gm, Ford, Bmw e Mercedes, decisi a a sfruttare il loro vantaggio industriale per non perdere la sfida con le società tecnologiche.
Perché l’esperienza e la filiera di fornitori necessari a reliazzare un’automobile non si costruiscono in un giorno, specie per chi è abituato a muoversi nel digitale, nell’immateriale. Lo ha capito Apple, che per il suo progetto Titan sembra aver rinunciato a costruire una vettura completa, per dedicarsi solo all’infrastruttura informatica. E lo ha capito anche Google, che a settembre dello scorso hanno ha chiamato a capo del Car Project un veterano dell’industria, l’ex Hyundai John Krafcik. Rendere la società autonoma è un altro segno di svolta, anche se non ci sono date precise, né (a differenza di Tesla) un modello di business. “Il mondo avrà sia macchine autonome acquistate dei singoli che quelle condivise, dobbiamo ancora riflettere su quali farà Alphabet”, ha detto Teller. “Ora ci stiamo concentrando sulla sicurezza”. Il livello di autonomia intermedio, il 3, quello che prevede che il guidatore sia pronto a riprendere in qualsiasi momento il controllo del mezzo, si è rivelato infatti rischioso: quando la sua Tesla non ha riconosciuto il rimorchio di un camion, Jushua Brown era distratto, e non è riuscito a frenare. E’ stato il primo decesso su un’auto senza pilota. Per questo Google sta puntando dritto all’automazione completa: il suo prototipo non ha né volante né pedali.
Repubblica