La televisione pubblica spinge per mettere a posto i propri conti e, stanca di aspettare tempo per ottenere quanto dovuto, è pronta a cedere quelli legati all’imposta di valore aggiunto
In attesa di certezze sul gettito del canone in bolletta, la Rai prova a mettere a posto ogni casella dei suoi conti. Per questo Viale Mazzini è disposta a pagare una cifra forte – fino a 870 mila euro – alla banca o all’intermediario finanziario che la solleverà dal faticoso rapporto con lo Stato, pessimo pagatore e maestro in burocrazia.
La Rai reclama dei soldi dallo Stato. Tecnicamente sono dei crediti Iva che arrivano alla considerevole cifra di 57 milioni 408 mila 521 euro. Di questi soldi, 22 milioni 408 mila euro e spiccioli risalgono al 2014, altri 35 milioni secchi al 2015. Stanca di aspettare, la tv pubblica vuole che una banca o istituzione finanziaria le anticipi il denaro, assicurandole un’immediata iniezione di liquidità. La banca – che diventerà titolare del credito nei confronti dello Stato – riceverà un doppio premio dalla Rai. Incasserà intanto lo 0,40 per cento del credito Iva in ballo; ma anche una cifra per tutti i mesi che aspetterà prima di incamerare i milioni dalla Pubblica Amministrazione. Questa seconda cifra andrà alla banca fino a un massimo di 30 mesi, prima che il meccanismo decada.
I tecnici di Viale Mazzini hanno calcolato che l’operazione, agli attuali tassi di interesse, può costare fino a 870 mila euro (Iva esclusa). Banche e intermediari, per candidarsi a gestire la cosa, dovranno rispondere a due requisiti. Serve intanto l’iscrizione all’albo istituito dal decreto 385 del 1993. I candidati poi devono vantare operazioni analoghe per almeno 20 milioni di euro nei 24 mesi che precedono il bando della Rai. Termine per presentare le candidature e le offerte a Viale Mazzini è il 28 novembre, la Rai aprirà le buste il 29. È la terza volta in tre anni che la tv pubblica mette in piedi una cessione dei crediti Iva. Nel 2014, fu Mediofactoring – società del gruppo Intesa – ad acquisire crediti fiscali per 41 milioni 39 mila 604. L’anno dopo, l’operazione – pari a 13,4 milioni – fu più contenuta. Ora prende forma la più consistente e redditizia.
Repubblica