I dati presentati a Bologna da IAG (Italian Angels for Growth), il principale network di business angels in Italia
Una su cento ce la fa: si potrebbe rivedere così la canzone di Gianni Morandi per applicarla al mondo delle startup. Solo l’1% delle idee d’impresa innovative riesce ad arrivare a un primo finanziamento per avviare l’attività, è emerso dal convegno “Capitali Coraggiosi” promosso a Bologna da IAG (Italian Angels for Growth), il principale network di business angels in Italia.
Dal 2008 a oggi, i circa 130 soci (manager e imprenditori) di IAG hanno esaminato circa 3.000 idee d’impresa, ne hanno selezionate 81 e finanziate 32, per un totale di oltre 15 milioni di euro d’investimenti diretti e quasi 50 milioni indiretti. Delle 25 imprese già create grazie a IAG, 6 si collocano in Lombardia, 5 in Emilia-Romagna, 3 in Toscana, e nel Lazio e nel Friuli-Venezia Giulia.
I settori più “prolifici” di proposte sono stati Internet (30%), l’ICT (14%) e il manifatturiero con l’Industria 4.0 (11%). Ben rappresentati anche il mobile/giochi e intrattenimento (8%), Biotech e farmaceutico (6%) e il medicale (5%). I business angels di IAG da 8 nel 2008 sono diventati 128 ad oggi, una consistenza simile a quelle dei migliori angel network americani. Gli angels di IAG risiedono per il 50% in Lombardia, in particolare nell’area milanese. Ben 12 provengono dall’Emilia-Romagna (9 da Bologna), 22 dal Nord-Est, specie Udine (7), Pordenone (4) e Verona (4); 8 provengono da Roma, 7 dal Centro-Nord e 9 dal Nord-Ovest. I soci IAG sono soprattutto manager (37%) e imprenditori (24%), ma provengono anche dal mondo della finanza (19%). Le competenze degli “angeli” si concentrano su fintech, manifatturiero/industria, internet, grande distribuzione, elettronica, ma anche moda e lusso.
“Il Venture Capital – ha rimarcato il presidente di IAG Antonio Leone – sia di natura informale che istituzionale in Italia è un settore senz’altro in evoluzione e in espansione e diventerà essenziale nella nostra economia. E’ innegabile che fino a oggi sia mancato un “big bang” che permetta di sprigionare il dinamismo imprenditoriale del nostro Paese, attrarre capitali adeguati, e stabilire finalmente un circolo virtuoso stabile fra denaro e idee”.
Repubblica