di CESARE LANZA
Il mio più caro e grande amico (sto, lentamente, scrivendo un libro su di lui) sostiene che le amicizie vere, che resistono al logorio del tempo, sono quelle nate e fortificate negli anni giovanili. Difficile che si sfasci un’amicizia sorta a venti o trentanni. Dopo, è probabile l’insidia di un tradimento o di inaspettate scorrettezze. Perù ho verificate negli ultimi tempi, nel bene o nel male. Comincio, oggi, dal peggio. Ad esempio, mi sembrava intelligente e leale un professionista, di alterne fortune, esperto della comunicazione. Chiacchiere, notizie, indiscrezioni, da parte sua complimenti, lodi, carinerie, inviti a pranzo. Si stava creando un rapporto forte. Poi. d’improvviso, una inutile bugia: volgare, grossolana. E ciò che mi irrita di più, anzi una volta mi imbestialivo: se tu mi racconti balle, inverosimili e insostenibili, vuoi dire che sottovaluti la mia intelligenza. Tra amici, non è accettabile. A seguire, dopo le mie rimostranze, un atteggiamento spocchioso, irritante. Quasi come se dovessi essere io a giustificarmi. Fine del film. Non faccio nomi: è una questione di principi generali. Chissà quante volte sarà capitato anche a voi. Ne scrivo perché vale, infine, una domanda: più fesso e sciocco io. alla mia senile età. a lasciarmi coinvolgere, o più mellifluo e insincero lui? Ci sono rimasto male, ma con me stesso: per la mia leggerezza.
di Cesare Lanza, Di Tutto