di Cesare Lanza
Scommettiamo che il Ponte sullo stretto di Messina non si farà? E mi dispiace. Sono un utopista, un sognatore: mi piacerebbe vivere in un’Italia forte e ricca, in una società priva di ladri, né corrotta né corruttrice, senza problemi gravi e urgenti. Quanto sarei felice, se potessimo pensare davvero a progetti grandiosi, anziché essere obbligati doverosamente a concentrarci sulle nostre miserie, bisogni disperati e immediate urgenze, in primis i conti fallimentari dello Stato, l’occupazione, le strade, le scuole, le strutture sanitarie, gli aiuti ai terremotati…
Prima del Ponte, dunque, ci sono priorità indiscutibili. Eppure Renzi ha rilanciato a sorpresa un progetto vecchio di lustri e per fortuna defunto (ci è già costato centinaia di milioni, per gli indennizzi). Mi sarebbe anche simpatico, se fosse, come tanti di noi, un utopista in buona fede. Purtroppo, no: non ha ancora finito di strumentalizzare la sconfitta per l’insensato progetto delle Olimpiadi e subito continua a buttarci fumo negli occhi, chiacchiere e promesse. Giochi verbali di prestigio, allo scopo evidente di inseguire consensi di pancia e voti preziosi, alla vigilia del referendum. A noi piacerebbe che l‘Impregilo di Pietro Salini, fiore all’occhiello delle nostre imprese, che ormai lavora quasi del tutto all’estero, potesse realizzare, con le aziende collegate, anche in Italia qualcosa di gigantesco. Ma non sarà, non può essere così. E al nostro premier non importa niente, se il Ponte si farà o no: gli preme di distogliere l’attenzione dalle sue responsabilità presenti, con l’astuzia di proporre mirabilie per il futuro. Quante ne vedremo nei prossimi due mesi, fino al referendum: anziché il Ponte, tanti castelli in aria. Sicché per la scommessa di oggi non gli propongo nulla, sarebbe inutile: quando Renzi perde, si sa, non paga pegno.
Cesare Lanza, La Verità