I ricordi dell’ex allenatore ora talent di Fox Sports
Immerso per qualche giorno nel mondo di Sky Sport a Parigi, a qualcuno potrebbero restare appiccicate la classe e la competenza di Ilaria D’Amico, che poi, con toni confidenziali, rivela che il suo compagno di vita, il portiere della Juve e della Nazionale Gigi Buffon, «l’ho visto dopo la finale di Champions persa dalla Juve a Berlino, ed era un uomo normalissimo; e invece, dopo Italia-Germania dell’Europeo, persa ai rigori, era un uomo diverso da quello che avevo conosciuto».
Ad altri potrebbe invece rimanere attaccato il profumo Hypnotic poison di Dior, che annuncia, un paio di secondi prima, l’arrivo di Diletta Leotta: donna immagine di Sky per il campionato di calcio di Serie B, tacco di ordinanza e una corazza da femme fatale di poche parole che però smette volentieri, come quando si offre di scattare foto in abbondanza ai colleghi di Sky Sport in cima alla Tour Montparnasse, o come quando, all’aeroporto di Milano Linate, non pretende auto executive da vip né monta sul primo taxi, ma si fa venire a prendere più semplicemente dal fidanzato, Matteo Mammì, director of sports, outside production and operations di Sky Italia.
C’è, però, anche la compostezza delicata e sobria di Anna Billò (moglie di Leonardo), ovvero il volto femminile Sky dell’Europa league e dei campionati europei di Francia, con la sua salopette di jeans e le All stars ai piedi, mentre fa colazione in albergo leggendo la Gazzetta dello sport sul suo iPad.
O, ancora, la fierezza valenciana di Alvaro von Richetti, 29enne che ha iniziato la sua carriera giovanissimo a Radio Marca, ma che rifiutò l’assunzione per venire a fare un anno di Erasmus a Bologna, dove ha imparato piuttosto bene l’italiano. Poi è tornato in Spagna, a Cuatro di Mediaset, emittente in cui è stato notato da Marco Foroni (che allora lavorava a Mediaset Premium) e che, nominato direttore di Fox Sports nel febbraio 2016, ha chiamato Alvaro in Italia per farlo diventare volto e voce di Fox Sports dallo scorso 1° aprile. «Da voi c’è una cosa che in Spagna manca: c’è Ilaria D’Amico», dice von Richetti, «una donna bellissima che è una vera professionista, competente, preparata, con una grande cultura sportiva. Si vede e si sente il suo spessore quando parla. In Spagna, invece, nel giornalismo sportivo, ci sono ancora solo delle belle ragazze».
Ma quello che personalmente porterò nel cuore da questa esperienza parigina è il puro divertimento, il sorriso e la gioia sul volto di una leggenda del calcio mondiale: Fabio Capello, ora talent di Fox Sports e perfettamente integrato nella grande famiglia Sky-Fox. Un uomo che ha appeso il mestiere di allenatore al chiodo (almeno, lui dice così) e che si gode Parigi con occhi diversi: «Cos’è quello?», mi chiede indicando Les Invalides, e poi giù aneddoti a raffica. Capello è stato uno dei primissimi talent del calcio prestati alle telecronache: iniziò a Telemontecarlo nel 1982, «e a quei tempi si mettevano le figurine Panini vicino al video per aiutarci a riconoscere i calciatori e a dare qualche informazione su di loro durante la diretta», passando poi sui canali Fininvest, a Telecapodistria (che poi diventerà Telepiù, e quindi Sky), alla Rai e, dal 2013, a Fox Sports.
«Per due volte sono stato molto vicino ad allenare il Psg, qui a Parigi», racconta Capello, «e la seconda volta mi chiamò proprio Leonardo, all’epoca dirigente del Psg. Io ero commissario tecnico della Russia, e in quei giorni stavo in vacanza a Pantelleria. La proposta di Leonardo mi interessava. Provai a sentire la federazione russa. E dopo pochi minuti mi chiamò personalmente il ministro dello sport. Non posso svelare esattamente cosa mi disse. Ma diciamo che ebbi il timore che inviasse a Pantelleria una nave da guerra per venire a prendermi. E quindi decisi di lasciar perdere Parigi».
La ville lumière, peraltro, è nel destino di Capello: «Chiamano i dirigenti del Barcellona, mi vorrebbero come allenatore e mi danno appuntamento allo Sheraton dell’aeroporto di Parigi. Io arrivo al Charles de Gaulle, vado allo Sheraton ma non c’è nessuno. Aspetto ore, ma non arriva nessuno. Perché i dirigenti del Barcellona, che viaggiavano con Iberia, mi aspettavano sì allo Sheraton, ma dell’aeroporto di Parigi Orly».
Si torna al 1999, quando Capello viene ingaggiato dalla Roma: «Arrivo a Trigoria e vedo che, nello spogliatoio, i giocatori sono abituati a buttare tutto per terra, cartacce, bottiglie, di tutto. Allora chiedo che vengano messi un paio di cestini. Ma niente, questi continuano a buttare le cose a terra. Allora, davanti a tutti, raccolgo per bene l’immondizia, la butto nel cestino. Da quel giorno, pavimenti lindi. A Roma c’era veramente un brutto andazzo. Feci spostare il parcheggio delle auto dei calciatori, e questi si lamentarono perché dovevano fare dieci metri in più a piedi. Capito? Atleti che non volevano camminare dieci metri in più. Antonio Cassano mangiava sempre patatine, e me lo ritrovai poi al Real Madrid. Ma fosse stato per me ».
Al Milan, dove fu dirigente tra il 1987 e il 1991, prima di intraprendere la carriera di allenatore e vincere scudetti e coppe a raffica, «nel 1990 mi posero un quesito di calciomercato: il problema era trovare il sostituto di Angelo Colombo. Risposi che al Milan c’erano già almeno 11 sostituti di Angelo Colombo, e che non si doveva comprare nessuno per sostituire Colombo».
Capello ha la fama di duro. Ma Billy Costacurta, altro fenomenale talent di Sky Sport, assicura che lavorare con Arrigo Sacchi è stato molto più pesante: «Quando allenava la Nazionale, nessuno voleva sedersi vicino a Sacchi, perché lui parlava sempre e solo di calcio ed era veramente una noia. Allora, il primo giorno di ritiro, c’era sempre la corsa al tavolo per sedersi lontano da lui. E alla fine toccava quasi sempre a Conte e Zola sorbirsi tutte le sue chiacchiere». Ma forse non è casuale che entrambi abbiano poi intrapreso la carriera di allenatore, e con un certo successo.
di Claudio Plazzotta, Italia Oggi