Nespresso, la divisione a più alta redditività del colosso alimentare svizzero, corre ai ripari. Almeno qui in Francia (ma presto anche in ), dove le sue capsule d’alluminio, coloratissime, rinnovate in continuazione (sempre nuovi crus, nuovi aromi, nuove «limited edition»), preziose quasi come gioielli (e per questo vendute solo nelle boutique della casa, nei corner dei grandi magazzini più prestigiosi o su Internet) fanno sempre 570 milioni di euro di fatturato, ma perdono terreno (dal 20,6 al 18,3% di quota di mercato secondo le ultime rilevazioni di Euromonitor), sotto l’assalto di ben 45 marche di caffè di ogni tipo, ma con una sola caratteristica: tutte vendono capsule Nespresso-compatibili (si veda ItaliaOggi del 5 luglio). «Vero che su un mercato di 40 miliardi di tazzine, il 40%, equivalente a 16 miliardi di capsule, ha il marchio Nespresso, ma il turn-around ormai è avvenuto: ne venderemo sempre meno», confida con una certa preoccupazione il responsabile di Nespresso France, Arnaud Dechamps, uno che conosce bene il mercato e l’azienda perché ci lavora dal 1995, dal giorno della laurea all’Insee, specializzazione in marketing.
Ecco perché la multinazionale di Vevey (che proprio in questi giorni sta sostituendo i suoi vertici, il ceo Paul Bulcke, l’uomo delle acque minerali, da Perrier a San Pellegrino, con Ulf Mark Schneider che arriva dall’industria farmaceutica) ha deciso di cambiare schema di gioco.
Dopo vent’anni di successi (e di profitti strepitosi, almeno fino alla scadenza del brevetto industriale delle capsule, nel 2010), l’espresso all’italiana ora deve fare un passo indietro e far spazio ad altri tipi di caffè e ad altri modi di berlo e consumarlo.
Si torna, in qualche modo, al caffè lungo, all’americana, ai «beveroni» (secondo il gusto italiano) ma con tutto il contorno di gusti, di aromi, di crus che sono le caratteristiche dell’offerta Nespresso.
Il sistema si chiama «Vertuo» ed è già ben consolidato negli Stati Uniti e in Canada. In autunno arriverà in Francia e, se tutto funzionerà come immaginano gli strateghi del marketing Nespresso, entro il 2017 sbarcherà anche in Italia e in Germania.
Si tratta di capsule di nuovo tipo e di nuova concezione, più grandi e a forma di semisfera, protette, ça va sans dire, da brevetto industriale internazionale, quindi non replicabili.
All’interno ci sono vari tipi di caffè, ma in genere si tratta di caffè destinati a essere allungati con acqua e latte. Ma la vera novità è la macchina Vertuo, frutto di un decennio di ricerche nei laboratori di Romont, in Svizzera, dove c’è anche l’unica fabbrica che la produce. A differenza delle macchinette in circolazione, la Vertuo non utilizza la pressione del vapore (a 3-5 atmosfere) per fare il caffè (con la stessa tecnologia delle macchine da bar), ma tratta le capsule con un sistema che i tecnici hanno definito di «centrifusion» e che associa infusione e forza centrifuga.
La macchina è dotata di un lettore ottico che legge la capsula, dopo di che applica il movimento di centrifuga adatto a quella specifica tipologia di caffè prima di procedere all’infusione con acqua calda Tutti i parametri (temperatura dell’acqua, velocità di rotazione, tempo d’infusione) sono decisi da Vertuo sulla base dei dati riportati sulla capsula e rilevati dal lettore ottico, come abbiamo detto.
Probabilmente il risultato è, per noi italiani, il «beverone» all’americana seppure con un plus di tecnologia (e di sapore) innegabile. Ma il fatto decisivo è che si tratta, come avverte monsieur Dechamps, di «un systeme fermé et breveté», sistema chiuso e brevettato com’erano fino al 2010 le vecchie macchinette che oggi sono vendute a meno di 90 euro se non, addirittura, regalate in cambio di un certo numero di capsule acquistate.
La Vertuo costerà, invece, 250 euro e sarà disponibile solo nelle 31 boutique Nespresso in tutta la Francia e nei magazzini di elettrodomestici come Darty. Anche le capsule saranno più care: da 45 a 60 centesimi, molto di più delle «limited edition». «Pensiamo di vendere 100 mila Vertuo da qui alla fine dell’anno», dice speranzoso Dechamps. E poi di «évangéliser les futures clients avec une communication au ton plus décalé», insomma: diffondere il verbo con campagne pubblicitarie non eccessive, con uno stile adatto ai nuovi consumatori di «café allongé». I tempi cambiano e anche lo stile del caffè s’adatta.
Italia Oggi