Svelato un investimento da 100 milioni di dollari sul sito tedesco, amatissimo dalla comunità di artisti, musicisti ed etichette discografiche: dai remix ai podcast passando per le collaborazioni, i segreti della creatività in chiave social
Ci aveva provato già un paio di anni fa, Twitter, a comprarsi SoundCloud. Si tratta della piattaforma musicale che va ben oltre lo streaming. È uno strumento creativo non a caso molto amato dalla community delle etichette discografiche, degli artisti e dei musicisti perché estremamente versatile: consente per esempio di collaborare condividendo singoli pezzi di un brano ma anche di promuovere facilmente le nuove produzioni. Bisogna pensarla come una via di mezzo fra una YouTube musicale con un pizzico di Spotify, specie seguendo le ultime mosse, condita da una buona dose di logica da social network, visto che esiste il meccanismo dei seguaci col quale alimentare la propria fanbase. Adesso il gruppo guidato da Jack Dorsey, tramite il braccio armato Twitter Ventures, ci mette lo zampino e se ne porta a casa una fetta grazie a un investimento da 70 milioni di dollari. Mossa coraggiosa, per giunta in una fase economicamente complicata per l’uccellino. È solo il primo tempo di un round di finanziamento che dovrebbe attestarsi sui 100 milioni di dollari, stando almeno ad alcune fonti ben informate. Ne conseguirebbe che la valutazione della piattaforma di base a Berlino – poca sorpresa, un approccio del genere non poteva che essere nordeuropeo – possa stabilizzarsi sui 700 milioni, lo stesso del 2014. Ed è un punto in fondo positivo: si tratta di una realtà che non fluttua seguendo le follie dei venture capital ma che ha costruito un suo modello solido nel comparto musicale. Offrendo un mix di servizi che altri non propongono. Anche se ha un tremendo bisogno di crescere. SoundCloud è disponibile secondo il modello freemium. Chiunque può aprire un profilo e caricare gratuitamente fino a tre ore di musica, fruendo delle statistiche di base e degli strumenti social di base. C’è poi un abbonamento Pro da 5 euro al mese che raddoppia il tempo a disposizione dei creativi e consente di capire meglio da chi è composto il proprio seguito sezionandolo per Paesi di origine così come di promuovere con più accuratezza i brani. Infine quello Pro Unlimited (9 euro al mese) che consente agli artisti o alle loro etichette di caricare brani senza limiti di tempo, sapere da quali città arrivano gli ascoltatori e verificare le pagine e le applicazioni in cui le proprie tracce sono suonate. Sì, perché la forza di SoundCloud sta nelle tante possibilità di condivisione dei contenuti (volendo, anche in modalità privata) anche tramite l’incorporamento del player.
“All’inizio dell’anno abbiamo fatto un investimento in SoundCloud tramite Twitter Ventures per aiutarci a supportare alcuni nostri sforzi con i fondatori – ha spiegato Dorsey rivelando la mossa – sono stati nostri partner convinti nel corso degli anni e il loro approccio basato sulla community rispecchia in molti modi il nostro”. Cosa potrebbe farci, Twitter, con SoundCloud? Per esempio sfruttare la vivacissima community per aumentare il coinvolgimento degli utenti sul microblogging – tradizionale tallone d’Achille – e valorizzarla un po’ come adesso utilizza Periscope per le dirette video in streaming. D’altra parte anche la piattaforma lanciata nel 2007 dagli svedesi Alexander Ljung ed Eric Wahlforss ha necessità di una vetrina più potente per sostenere il suo recente passo. Quello, cioè, di un abbonamento per gli ascoltatori in stile Spotify: con 10 dollari al mese, negli Stati Uniti ma presto anche altrove, si può ottenere un account SoundCloud Go per ascoltare musica senza pubblicità anche offline.
Sebbene SoundCloud Go appaia nell’impostazione simile a Tidal, Apple Music, Amazon o Spotify – tanto per citare le principali concorrenti – il suo segreto sta appunto nella ricchezza e diversificazione dei contenuti. Dai podcast ai remix, dalle collaborazioni ai progetti paralleli o alternativi anche delle grandi star passando per le piccole etichette internazionali o le gemme nascoste che difficilmente riuscirebbero a galleggiare nel marasma di giganti come Spotify. Senza contare una certa preferenza per il mondo del clubbing, della dance, dell’hip hop e dell’elettronica. Non è un caso che le tracce disponibili al lancio, un paio di mesi fa, fossero 125 milioni, contro le 30 degli altri servizi. Ma ovviamente in catalogo mancano alcuni pezzi forti mentre si trovano altre rarità inaspettate. SoundCloud ricalca quel che Vimeo è per il videosharing. Fra l’altro, esiste anche un’opzione che consente alle etichette e agli artisti di tenere sotto controllo l’uso di parti dei proprio brani nei remix per chiederne i diritti. Insomma, un’attenzione alla comunità creativa altrove inesistente.
Oggi SoundCloud viaggia al ritmo di oltre 170 milioni di utenti mensili in tutto il mondo. Ma ha bisogno di fare il salto, di far funzionare Go, sciogliere una serie di faccende legali e dare robustezza al business: “Confermiamo l’investimento di Twitter – ha spiegato un portavoce di SoundCloud – entrambi i gruppi facilitano e ispirano la cultura contemporanea, quella che accade in tempo reale, raggiungendo milioni di persone nel mondo. L’investimento ci consentirà di restare concentrati nella costruzione di una piattaforma di valore per i creatori e gli ascoltatori e di continuare l’espansione internazionale di molte iniziative come SoundCloud Go”.
Repubblica