Nella Roma alle prese con una campagna elettorale ancora lontana dai problemi della città, oltre mille persone da sette anni vivono in un quartiere mai terminato, un cantiere eterno per il quale alcuni pagano anche 600 euro al mese oltre ad aver versato centinaia di migliaia di euro per diventare titolari dell’immobile. E’ Monte Stallonara, a 800 metri in linea d’aria dalla Regione Lazio ma soprattutto una potenziale fonte di guai per chi si è occupato di questi appartamenti realizzati con finanziamenti regionali che avrebbero dovuto dare una mano a chi era in difficoltà e non aveva abbastanza risorse per trovare casa, ma che si stanno trasformando soltanto in un incubo anche piuttosto oneroso per gli abitanti. Una parte delle case sono abitate ma non hanno mai avuto l’agibilità perché nessuno si sognerebbe di considerare agibili appartamenti dove l’acqua scorre ancora nei tubi dei cantieri, i serbatoi e i tubi del gpl sono scoperti invece di essere interrati e protetti. Le strade non sono asfaltate e i tombini non sono fissati: chiunque può spostarli con forti rischi per chi passa a piedi o in auto. Al centro del quartiere c’è una discarica, di notte arriva chi ha bisogno di a buttare frigorifero e lavatrici, porte, mobili. Oppure passano le betoniere a pulire il tamburo scaricando il calcestruzzo rimasto sul fondo senza preoccuparsi troppo del fatto che si solidifichi sulle strade del quartiere. Sulla vicenda Fabrizio Santori, consigliere regionale del Lazio, ha presentato una denuncia per le mancate opere di urbanizzazione. Sono partite le prime perquisizioni dei componenti delle cooperative che hanno costruito le case nella zona e ci sono sei indagati. Santori ha ricevuto minacce ma intende andare avanti. “Per la realizzazione del Piano di Zona – avverte – risultano essere stati finalizzati fondi pubblici che non trovano adeguata rispondenza nell’interesse pubblico della collettività e quella che nel 2003 nasceva come una significativa opera di riqualificazione urbana, nell’ambito del settore dell’edilizia agevolata, paradossalmente rischia di divenire causa di gravi danni economici per tutti i cittadini coinvolti, proprietari solo “virtuali” di immobili siti in area priva di qualsivoglia servizio fondamentale per il vivere civile, atteso che i pochi residenti risultano costretti a vivere in aree fangose e strade di terra battuta, mentre per altri proprietari è ancora precluso il trasferimento”. Gli abitanti si sono riuniti in un Comitato che da anni lotta per ottenere giustizia: “Abbiamo incontrato tutti in questi anni. Il 12 saremo ricevuti anche dal subcommissario Taucer. Sappiamo di non poterci aspettare molto ma chiederemo almeno un binder, una sorta di asfalto leggero, per evitare di continuare a vivere nella polvere e con le buche. A marzo ci siamo autotassati e le abbiamo riempite noi. Non mi sembra giusto”.
Flavia Amabile, La Stampa