Il greggio torna sopra quota 36 dollari al barile: chiusura positiva per le Borse asiatiche, Tokyo stona. Frena l’industria tedesca, ma meno delle previsioni. Tutta l’attenzione va verso la riunione Bce di giovedì: il mercato scommette su un ulteriore taglio dei tassi e sull’estensione a 70 miliardi (+10 miliardi) al mese degli acquisti di bond
I mercati asiatici sfruttano il recupero del prezzo del petrolio, che sembra aver abbandonato ormai con un certo distacco i minimi da oltre un decennio aggiornati poche settimane fa, mentre i mercati europei si muove in territorio negativo dopo i recenti rialzo. Milano arretra con il comparto bancario debole: -1,8%. In rosso anche le altre Borse: Francoforte cede l’1,2%, Londra lo 0,8% e Parigi l’1%. La settimana parte già con l’attenzione indirizzata verso Francoforte, dove la Bce di Mario Draghi sarà chiamata a dare una risposta alle alte aspettative dei mercati per un coraggioso intervento a supporto della ripresa dell’inflazione nell’Eurozona. Gli analisti di Nordea, ad esempio, sottolineano in un recente report come per il governatore italiano sia giunto il momento per “essere di nuovo creativo”. L’aspettativa della banca nordeuropea è di un taglio dei tassi sui depositi allo 0,4% (-0,1 punti percentuali dal livello attuale); l’introduzione di un meccanismo che differenzia i tassi applicati alle riserve di liquidità delle banche penalizzando quella lasciata parcheggiata presso la Bce in eccesso; l’aumento di 10 miliardi (a 70 miliardi al mese) degli acquisti di titoli da parte della Banca centrale; l’ampliamento dello spettro di bond che la Bce può mettere in portafoglio e magari anche nuove operazioni di assegnazione di liquidità alle banche della zona euro a condizioni favorevoli. Insomma, un intervento a tappeto che gli esperti prevedono sia sottolineato anche da parole estremamente accomodanti durante la conferenza stampa. In attesa di conoscere questi dettagli, gli analisti incassano il calo degli ordini all’industria tedesca: sono scesi dello 0,1% a gennaio, secondo le stime provvisorie di Destatis, ma hanno fatto meglio del -0,3% atteso. E’ stato rivisto anche il dato di dicembre da -0,7% a -0,2%. In agenda oggi c’è anche la riunione dell’Eurogruppo, alla quale partecipa Pier Carlo Padoan. In Italia, intanto, l’indice dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali è diminuito dello 0,7% a gennaio rispetto al mese precedente e del 2,5% rispetto a gennaio 2015. Avvio di settimana in calo per l’euro nei confronti del dollaro: la moneta unica si mantiene sotto quota 1,1 nei confronti del biglietto verde americano e un euro viene scambiato a 1,095 dollari. Lo spread tra Btp e Bund decennale è poco mosso leggermente al di sopra di 120 punti base, con il titolo italiano che rende l’1,42%. Come accennato, le quotazione del petrolio hanno esteso i guadagni sui mercati asiatici, sostenuti dai dati macroeconomici usa sul mercato del lavoro. Il Wti compie un balzo in avanti di 67 centesimi, a 36,59 dollari al barile, mentre il Brent guadagna ben 75 centesimi a 39,42 dollari al barile. La notizia ha spinto il paniere delle azioni dell’Asia-Pacifico (Giappone escluso) ai massimi da due mesi. Chiusura di seduta in rialzo per la Borsa di Shanghai, con l’indice Composite a 2.897,34 punti a +0,81%. Ininfluente per ora il taglio del target sulla crescita annunciato dal premier Li Keqiang che, all’apertura di sabato del Congresso nazionale del Popolo, ha stimato in scia a una congiuntura difficile un Pil in aumento del 6,5-7% nel 2016 e nel quinquennio al 2020, meno del 6,9% del 2015, già al livello più basso degli ultimi 25 anni. In un contesto asiatico positivo, la Borsa di Tokyo ha chiuso in calo: il Nikkei 225 ha archiviato gli scambi cedendo lo 0,6% a 16.911 punti. Il principale indice economico del Giappone è diminuito per il terzo mese consecutivo a gennaio al livello più basso in quattro anni. Negli Usa si guarda ai dati sul credito al consumo per il mese di gennaio. La seduta di venerdì scorso a Wall Street è finita in rialzo per la quarta volta di fila, cosa che ha contribuito ad archiviare la terza settimana consecutiva in positivo, grazie al rapporto sull’occupazione americana di febbraio che ha mostrato una crescita dei posti di lavoro superiore alle attese. Ora i fari si spostano sulla Federal Reserve, che si riunirà i prossimi 15 e 16 marzo. Il mercato dà per scontato che i tassi restino allo 0,25-0,50%, livello a cui furono portati lo scorso dicembre con un rialzo di 25 punti base (quella fu la prima stretta dal giugno 2006). Eppure i trader iniziano a mettere in conto il proseguimento della normalizzazione della politica monetaria Usa, da aprile o giugno. Stando ai future sui Fed funds, che rappresentano la possibilità di un cambio di politica monetaria, – venerdì scorso c’era il 67% di probabilità di un aumento dei tassi nella riunione del prossimo dicembre. Erano al 62% prima del rapporto sull’occupazione e al 4% un mese fa. Nell’ottava, il Dow Jones ha segnato +2,2%, lo S&P500 è salito del 2,7% e il Nasdaq del 2,75%. Nonostante questo recupero dei mercati azionari, resta la fase di rialzo dell’oro, il bene rifugio per eccellenza: il lingotto è in rialzo a 1.268,77 dollari l’oncia segnando un progresso dello 0,8% dopo i cali della vigilia che comunque non scalfiscono il rialzo dalla fine del 2015 che resta intorno al 20%.
di Raffaele Ricciardi, La repubblica