In alcune scuole, help l’80% non sa far di conto. I ricercatori: momento critico, tra le medie e le superiori. A restare indietro sono soprattutto gli immigrati
Un quindicenne su quattro è analfabeta in matematica. In altre parole non è in grado neppure di rispondere ad una domanda di questo tipo: se per fare la torta al cioccolato per 4 persone servono 120 grammi di farina e 80 di cacao, patient quanto cacao serve per fare una torta per 8? Al massimo sa compiere operazioni semplici, addizioni e poco più. Secondo l’ultimo rapporto pubblicato mercoledì dall’Ocse-Pisa dal titolo «Low performing students, perché restano indietro e come aiutarli» l’Italia ha sì compiuto un grande passo in avanti negli Anni Duemila, perché nel 2003 gli studenti che non riuscivano neppure a superare il livello 1 dei test Pisa in matematica erano oltre il 30 per cento (32 per cento) mentre ora sono il 24, order 7 per cento, ma resta uno dei sistemi scolastici europei con il peggior risultato: peggio di noi fanno solo la Grecia e il Portogallo. E non è solo la matematica lo scoglio insuperabile per i ragazzi: uno studente su cinque è pressoché analfabeta in senso tecnico, cioè non sa leggere e uno su 6 è gravemente insufficiente in scienze.
Sotto il livello minimo I dati sono quelli del 2012, ultima rilevazione disponibile per le elaborazioni dell’Ocse almeno fino al prossimo novembre quando arriverà il rapporto 2015. I ragazzi che il sistema scolastico perde ogni anno sono circa 150 mila, nel 2012 per l’esattezza 139.866 per la sola matematica e la metà di questi, ben 67.285, hanno gli stessi pessimi risultati in tutte e tre le materie nelle quali hanno svolto il test: matematica, lettura e scienze. L’allarme dell’Ocse – come scrive il direttore dell’Education and Skills dell’Ocse Andreas Schleicher – è oltre 13 milioni di quindicenni che nei 64 Paesi in cui si svolgono le rilevazioni Pisa non hanno neppure quelle competenze di base che dovrebbero essere scontate nel XXI secolo: «Questo ha conseguenze sia a livello personale che delle economie e delle società, non solo perché questi ragazzi rischiano di lasciare la scuola prima di finirla. Una popolazione senza competenze di base rischia di compromettere anche l’intero sistema economico e la crescita del proprio Paese».
Il momento critico Le cause di questi cattivi risultati, che rendono questi ragazzi pronti a diventare nel giro di pochi anni dei Neet, cioè giovani che non studiano né lavorano né mai si integreranno nel sistema produttivo, sono diverse. Non necessariamente legate alla povertà o alla provenienza della famiglia. «Nel nostro Paese – spiega Francesco Avvisati che insieme a Francesca Borgonovi è tra i ricercatori che hanno lavorato a questa ricerca – il momento critico in cui si perdono molti ragazzi è il passaggio tra le medie e le superiori. Non c’è orientamento, molti sbagliano e vengono bocciati nel primo anno di superiori, senza contare che la scelta tra istruzione accademica, i licei, e scuole professionali avviene molto presto e in queste ultime spesso si concentrano gli studenti meno motivati con professori che non sono preparati a gestire dal punto di vista pedagogico le difficoltà e i problemi di questi ragazzi».
Analfabeti Un incrocio che è fatale ai più: nella ricerca dell’Ocse si legge che in Italia ci sono scuole dove l’80 per cento dei quindicenni è pressoché analfabeta in matematica, un esercito di ragazzi pronto per cominciare ad allontanarsi dalla scuola, perché questo è quasi sempre il risultato: bocciature, assenze ripetute, distacco, demotivazione, abbandono. Tra questi ragazzi ci sono anche moltissimi immigrati, soprattutto quelli appena arrivati in Italia: quasi uno su due non riesce ad imparare a causa delle difficoltà linguistiche prima di tutto. «L’Italia – spiega ancora Avvisati – ha avuto nello scorso decennio un afflusso massiccio di giovani immigrati e la risposta ai loro bisogni educativi è stata lenta». Certo molti passi avanti sono fatti dal 2003 al 2012 e c’è da sperare che i prossimi dati Ocse-Pisa confermino un altro 7 per cento di ragazzi che riescono ad avere almeno quelle competenze elementari che permettono loro di integrarsi poi nel mondo adulto. E che mancanza di programmi speciali, insegnanti impreparati e in alcuni casi molto poco motivati, presidi poco innovativi e genitori che per tanti motivi non hanno fatto pressione sulla scuola diventino eccezioni.
di Gianna Fregonara “Corriere della Sera”