L’amministrazione straordinaria ha depositato al Tribunale civile di Milano un atto
con cui chiede di recuperare risorse che la famiglia avrebbe sottratto alla società
«I soci di controllo di Ilva, riconducibili a Riva Fire e alla famiglia Riva, anziché accompagnare la società nell’ormai inevitabile percorso di risanamento ambientale, hanno prima privato Ilva delle risorse finanziarie occorrenti per attuare gli ingenti investimenti a ciò necessari e poi isolato Ilva dal resto del gruppo Riva attraverso una scissione della capogruppo Riva Fire. Nello stesso periodo, significativamente, gli esponenti della famiglia Riva rassegnavano le dimissioni dalle cariche detenute in Ilva». È in sintesi l’atto di accusa presentato nei giorni scorsi al Tribunale di Milano dai commissari dell’Ilva Piero Gnudi (nella foto), Corrado Carruba ed Enrico Laghi con contestuale richiesta di due miliardi di euro di danni ai Riva, a Riva Fire e anche a Riva Forni Elettrici. Nell’ istanza si parla di «abusi di direzione e coordinamento».
L’inizio della fine Secondo i commissari, «il disegno, articolato in più fasi», è stato «ideato e attuato con lucida determinazione nell’arco di sei mesi, esattamente nel momento in cui la società era chiamata ad un consistente impegno finanziario per adempiere all’Aia adeguando gli impianti produttivi alle sue stringenti prescrizioni, ed ha avuto effetti rovinosi per Ilva, la quale, proprio a causa del mancato adempimento alle prescrizioni dell’Aia, si è vista dapprima (a partire da luglio 2012) oggetto di provvedimenti restrittivi da parte dell’Autorità Giudiziaria di Taranto, e poi sottoposta ad una speciale forma di commissariamento; infine, stante l’impossibilità di fare fronte ai propri debiti, ammessa alla procedura di Amministrazione Straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza».
Il precedente in Svizzera Nello scorso autunno Ilva si è vista bocciare dal tribunale di Bellinzona (Svizzera) la richiesta di trasferire 1,2 miliardi di euro sequestrati ai Riva nell’ambito di un’inchiesta sul rientro di denaro fatto figurare come patrimonio familiare e che invece sarebbe stato prelevato dalle casse di Ilva.
di Michelangelo Borrillo “Corriere della Sera”