Caro direttore,
mi piace chiamarti così, perché tu per me sei “il direttore”. Lo so, l’orario non è dei più consoni per scriverti, ma vuoi per l’età non più verde, vuoi per le continue nottate passate a raccattare notizie, sta di fatto che dormo poco. E i ricordi si accavallano e galoppano senza sosta nelle mia testa. Difficile metterli in ordine, anche se quando mi hai voluto a “La Notte“, tanti anni fa, resta un momento magico, che ha segnato per sempre la mia vita da giornalista. Allora, hai saputo darmi la spinta giusta per diventare un cronista da marciapiede. Sempre in cerca di notizie. Dovevo essere caparbio, cattivo, temuto è un po’ puttana. Ma l’osso (notizia e tassativamente la foto) dovevo portato a casa, in redazione. 24 ore su 24. Con te però il lavoro non mi è mai pesato. E pensare che a quei tempi si veniva al giornale alle 6 del mattino e si rincasava, dopo aver chiuso tre edizioni, a notte fonda. Per me eri il maestro di stile, dal grande animo e dal carattere difficile, ma schietto, diretto. La tua parola era una sola, nel bene e nel male, e la mantenevi sempre. I giornali che hai diretto hanno avuto originalità e freschezza, perché tu sapevi come catturare l’attenzione del lettore. Un pregio non da poco. Insomma un giornalista di razza che, non a caso, ha saputo farsi valere e rispettare in numerose testate, in tv, nel cinema. Dappertutto. Per non parlare dei tanti giovani colleghi che hai saputo valorizzare e sono diventati poi importanti come Massimo Donelli, Ferruccio de Bortoli, Francesco Cevasco, Pietro Dardanello, Gigi Moncalvo, Edoardo Raspelli, tanto per citarne qualcuno. Ed è proprio grazie ai tuoi insegnamenti che, finita l’era de “La Notte”, mi sono trovato cronista al Corriere della Sera. Un’altra tappa importante per me. Un altro capitolo da incorniciare. Come quando in una tua classifica sui “giornalisti di sangue puro e quelli di sangue impuro”, hai voluto inserire tra i tanti mostri della carta stampata e della TV che tu hai citato, anche il mio nome “simbolo di buon cronista, uno di quelle migliaia di colleghi che non hanno raggiunto la fama, ma battendo i marciapiedi hanno portato notizie in redazione in un numero chilometrico, ogni giorno”.
Leggere il mio nome in quella classifica densa di big della penna, è stato come vincere un oscar, un premio pullizer. Di più! Ma, non mi sono montato la testa: resto l’umile cronista che tu hai plasmato e stimi, con il quale hai trascorso ore e ore in redazione, concedendoci pochi svaghi per chiacchierate mai banali. Che dire? Grazie per tutto quello che mi hai insegnato e per l’opportunità professionale che mi hai offerto. Grazie per la tua amicizia. Adesso anche il “vecchio” cronista va a dormire con l’augurio che i tuoi formidabili 60 anni di giornalismo, siamo i primi di una lunga serie.
Ciao direttore.
di Michele Focarete