La FAA-Federal Aviation Administration americana stima le vendite 2016 negli Usa dei piccoli droni da diporto, chiamati “quadricotteri” in Italia, in oltre un milione di pezzi. Se n’erano venduti quasi altrettanti già nel 2015. È del tutto inevitabile che un certo numero di questi apparecchi fnisca nelle mani di quegli individui che le persone perbene chiamano generosamente “teste di cavolo”. La stessa FAA infatti riferisce di oltre cento “near miss”—collisioni mancate per poco—tra jet di linea e i piccoli droni sopra le piste d’atterraggio aeroportuali Usa l’anno scorso. È un gioco, ma l’eventuale incidente grave è quasi una certezza.
Alla fne di settembre i fgli di due immensamente ricche dinastie industriali—lui israeliano, lei americana—si sono sposati in sontuose circostanze a Cap d’Antibes. Per proteggere gli sposini e i 600 ospiti VIP dai fotograf molesti, gli organizzatori hanno assunto un falconiere—con i suoi rapaci addestrati in funzione anti-drone—per abbattere gli apparecchi e le macchine fotografche che spesso portano.
Se fosse tutto lì, tra matrimoni e incoscienti che giocano nel trafco aereo, si tratterrebbe di un fastidio occasionale e solo potenzialmente pericoloso. Però, anche i terroristi si sono accorti delle capacità dei piccoli velivoli. Isis ha condotto degli esperimenti scagliandoli contro pattuglie irachene con cariche di esplosivo a bordo, pare senza fatalità fnora. Da luglio i manuali dell’esercito americano avvisano i soldati sui rischi posti dai mini-velivoli in zona di guerra.
E se invece—per tremenda ipotesi—un quadricottero dovesse apparire sopra Piazza San Pietro per volare poi verso il balcone del Papa? Porterà la foto camera di un ammiratore? Di peggio? Come lo si deve fermare? Dal punto di vista della sicurezza, è un incubo—ed è assolutamente necessario essere in grado di intervenire sopra le piazze gremite, sopra gli stadi di calcio, sopra le piste di atterraggio e gli altri potenziali bersagli sensibili—il tutto senza fare danni a terra. Non si spara sotto la fnestra del Papa.
Il gruppo italiano Elettronica è specialista—molto quotato in Europa e nel mondo—di electronic warfare. Rifornisce le forze armate di 28 paesi con i suoi prodotti difensivi. I suoi ingegneri e tecnici lavorano da tempo sul problema e la loro soluzione è pronta. Si chiama “ADRIAN”, perché non esiste ingegnere capace di evitare la tentazione di inventare un acronimo caruccio e complesso per la sua trovata. La sigla sta per “Anti DRone Interception Acquisition and Neutralization”.
ADRIAN avvista i piccoli droni commerciali a “qualche chilometro” di distanza dal possibile bersaglio—quanti esattamente è segreto—e si impossessa del controllo radiocomandato o, al peggio, lo blocca e basta. Nel primo caso,
può far atterrare il velivolo in una zona di sicurezza per essere recuperato dagli artifcieri. Nella seconda e più estrema circostanza—da evitare se non in situazioni di grave e immediato pericolo—fa semplicemente cadere l’apparecchio dal cielo. Il sistema, che entra in un normale furgoncino, è anche in grado di intervenire contro i quadricotteri guidati in autonomia dalla navigazione GPS—ma altri dettagli e “capabilities” devono restare confdenziali.
I droni, come altre trovate tecnologiche, si rivelano sempre di più come il fuoco, che da una parte riscalda, ma dall’altra brucia. L’Italia però, almeno in questo caso, pare avere già i pompieri in casa.
James Hansen