In Italia sono 628mila le famiglie che definire «ricche» non è un’esagerazione, dato che possono disporre di un patrimonio di almeno mezzo milione di euro. Esagerata è invece la loro ricchezza totale: 1.029 miliardi di euro, una cifra da capogiro. I due terzi della quale (683 miliardi) viene gestita dal Private Banking.
Si tratta di una ricchezza che nel corso degli anni è cresciuta costantemente, passando dagli 859 miliardi di euro del 2009 ai 985 del 2014, per superare la soglia dei mille miliardi (1.017) nel 2015 e arrivando a toccare i 1.029 quest’anno. Con beni la cui componente finanziaria pesa mediamente per il 44%, quella immobiliare per il 39% (in crescita dell’1% rispetto allo scorso anno) e quella reale (cioè beni di lusso, gioielli, opere d’arte) solo per il 17% (-1% sul 2015).
Pesa la volatilità sui mercati. Nonostante i numeri positivi, però, secondo l’Aipb (Associazione italiana Private Banking) la crescita, che aveva preso slancio lo scorso anno, ha subìto una battuta d’arresto nel primo semestre 2016 a causa della forte volatilità dei mercati finanziari, che hanno pesato negativamente per il 2,9% sul primo trimestre e per lo 0,4% nel secondo. E le prospettive per i prossimi mesi, secondo l’Associazione, non sono delle migliori: per il 2016 si prevede una crescita dell’1,2%, in decelerazione rispetto al 2015 (+3,3%). «Il dato 2016», sottolinea l’Aipb, «è il risultato del quadro di debolezza economica e di incertezza sui mercati finanziari, e la crescita dovrebbe essere più concentrata sul segmento di famiglie private con più di 5 milioni di euro».
L’identikit
Proprio questa fascia di clientela è tra quelle che contribuiscono maggiormente al patrimonio totale dei paperoni italiani, detenendo oltre un terzo di quei 1.029 miliardi.
Secondo i dati Aipb, infatti, sul totale della ricchezza servita da operatori Private, solo il 4,8% appartiene a famiglie con patrimoni inferiori al mezzo milione di euro, mentre il 19% è di coloro che posseggono tra mezzo e un milione e ben il 39,5% si trova nella fascia 1-5 milioni. I clienti con patrimoni tra 5 e 10 milioni posseggono invece il 10,4% della ricchezza, quelli tra 10 e 50 milioni ne detengono il 13,9% e quelli con patrimoni superiori ai 50 milioni il 12,5%. Si tratta soprattutto di uomini (nel 76% dei casi) che vivono nella maggior parte dei casi al nord (il 47% al nord ovest e il 30% al nord est, mentre solo il 16% vive nel centro Italia e il 7% al sud e nelle isole). Sono persone mature (il 31,5% ha oltre 74 anni, il 21,8% tra 65 e 74 anni e solo il 22.9% fra 35 e 54 anni), e contrariamente a quanto si potrebbe pensare non sono solo imprenditori e professionisti (che invece rappresentano solo il 23,9% del totale) ma anche dirigenti e impiegati (20,5%) ma soprattutto pensionati e casalinghe (33,6).
La gestione della ricchezza
Chiunque siano i clienti, mentre lo scenario economico e finanziario del mondo continua a evolvere rapidamente, allo stesso modo cambia anche il modo in cui viene gestita la loro enorme ricchezza: se nei portafogli Private il 30 giugno 2015 i prodotti assicurativi incidevano per l’11,9%, un anno dopo sono arrivati a pesare il 16,4%, e una notevole crescita hanno visto anche i fondi comuni d’investimento, passati dal 18,7% al 22% nell’arco di 12 mesi. Ed è cresciuta anche la liquidità, passata dal 12,2% al 13,1% dei portafogli. In calo, invece, le gestioni patrimoniali (passate dal 19% al 18,1%), i titoli di Stato (dall’11,2% al 10%) e le obbligazioni (dal 13,1% all’11,1%), ma il vero tracollo è stato per le azioni, che hanno perso il 36% della propria consistenza passando dall’11,1% al 7,1% di peso sui portafogli.