Quando parli del “sindaco” americano non puoi fare a meno di pensare al ‘sindaco” italiano. Due mondi diversi: differenza di mentalita’,di background culturale, uno prende il suo lavoro con incredibile serieta’, dedica anima e corpo alla ricerca del successo con chi gli ha assegnato quel lavoro dandogli il suo voto. Questo e’ il classico sindaco statunitense. In Italia…bene, perdonatemi ma vorrei fare un piccolo esempio che per me e’ molto importante.Il sindaco del paese dove sono nato si rifiuto’ di rispondere a due-domande-due sul mio paese, che gli rivolsi dagli Stati Uniti perche…Gia’, perche’? Non ha mai risposto e basta. Il sindaco di un paese di poche migliaia di abitanti. Il primo cittadino di New York (circa 8-12 milioni di abitanti) rispose subito ad alcune mie domande quando io lavoravo a New York come corrispondente di un gruppo editoriale italiano. Mayor Koch andava in giro per Manhattan chiedendo:how am i doing? (come vado secondo voi?). Il sindaco Giuliani mi riceveva nel suo ufficio e rilasciava subito dichiarazioni sincere,dirette. Quando era impegnato si scusava.
Una volta mi disse che i suoi nonni vennero da Montecatini. Io gli dissi che mia madre era di Siena,mio padre abruzzese,un continuo scontro di idee e di decisioni, con la calma che arrivava solo all’ora di pranzo. Solenni risate.
Rudy Giuliani e’ stato il “sindaco d’America” perchè era riuscito a combattere la mafia e a ripulire Times Square da drogati,imbroglioni e tutta una feccia che affliggeva New York prima del suo arrivo. Rudy divenne veramente il “sindaco d’America” quando quegli aerei si schiantarono sulle torri gemelle di questa isola indifesa. Personalmente lo seguii (insieme con centinaia di altri giornalisti) giorno dopo giorno,stanco,la barba incolta: una parola di conforto qua,un aiuto rapido la’,instancabile davvero. Il vero “sindaco americano”. Borsellino e Falcone lo ammiravano, erano diventati amici sinceri, tutti e tre decisi a rimuovere la crudele definizione di “mafia italiana” dalla faccia della terra.
Oggi Rudy Giuliani e’ a capo di un gruppo di avvocati e esperti di alta finanza. E’ contento, mi ha detto. “Se Trump mi chiede di fare parte della sua amministrazione, certamente non diro’ di no. Ma sono lieto di essere stato al suo fianco durante l’intera campagna.Una scorpacciata di miglia da uno Stato all’altro…”. E ride.
Non e’ facile chiedere a una persona come Rudy Giuliani un favore del tipo: puoi aiutarmi a ottenere una risposta del presidente-eletto per una breve intervista da pubblicare sul giornale italiano diretto da Cesare Lanza, nel web? Lui – gli dico – e’ stato uno dei pochi giornalisti italiani di valore che non abbia attaccato Trump e questa cosa deve avere importanza quando si parla di relazione stampa-uomo politico, no? Ma Rudy non ha bisogno delle mie spiegazioni. Ha capito subito ed e’ sincero:”Trump deve mettere assieme una amministrazione di 4 mila uomini e donne. Deve studiare nei minimi dettagli che cosa fare quando arriverà’ il 20 gennaio, ossia l’inaugurazione del nuovo presidente. Deve – non dimentichiamolo – cercare di non offendere le altre testate che vorrebbero lo scoop della prima intervista. Comunque – mi spiega – nell’aria c’e’ odore di crisi per la carta stampata:oggi una intervista alla tv schiaccia cento pagine di giornale,purtroppo.Non e’ giusto,ma credo che non sara’ facile bloccare l’incredibile ondata di reti televisive pronte a rendere famosi un po’ tutti,soprattutto in politica”. Forse non sara’ cosi’.Il giornale ha la risposta chiara,pronta su domande che richiedono prontezza e pecisione. Comunque lui,mister “sindaco d’America”, adesso fara’ tutto il possibile per ottenere le risposte del presidente-eletto Trump a Cesare Lanza. Un po’ di pazienza. E sussurra qualcosa in toscano,che terro’ nella mente e nel cuore
di Benny Manocchia