di CESARE LANZA
Scommettiamo che gli stipendi dei deputati saranno tagliati? Vi sembra un traguardo impossibile? Così sembra, certo. Appena qualche giorno fa il Pd, rinviando in commissione il disegno di legge proposto dal Movimento 5 stelle, ha respinto il dimezzamento dei compensi. Un taglio della metà proposto non a caso: oggi i nostri parlamentari intascano il doppio, al minimo il 60 per cento in più rispetto ai loro colleghi nel mondo, dall’Australia alla Germania. E non esiste una sola motivazione per questa disparità. Siamo un Paese molto tollerante, che preferisce il dileggio all’indignazione. Il re dei comici, Maurizio Crozza, ha lanciato una battuta pesante: chiedere ai parlamentari di tagliarsi lo stipendio è come chiedere a Rocco Siffredi di tagliarsi lo strumento del suo successo. Vorrei obiettare: non è la stessa cosa. Quello strumento, per Siffredi, è essenziale per «lavorare» nei film pornografici. Mentre alla Camera e al Senato, come succede nel resto del mondo, potrebbero accontentarsi di uno stipendio (finalmente) ridotto. Senza contare gli incredibili privilegi: come il rimborso forfettario per i trasporti, benché sia previsto che viaggino gratis in treno e in aereo, in nave e autostrada. E allora su cosa si fonda la mia temeraria scommessa? Semplice: penso che l’insofferenza sia al limite e che i volponi della politica lo abbiano capito: insistere sarebbe un suicidio. Anni fa perfino Matteo Renzi proponeva i tagli, oggi non ha voluto (stoltamente) cedere il passo ai grillini. La busta paga di un parlamentare è sei volte più alta, mediamente, di un comune cittadino. Un ravvedimento ci sarà: pasticciato con scaltrezza e pieno di scappatoie, ma ci sarà.
Cesare Lanza, La Verità