di CESARE LANZA
Scommettiamo che molti di noi non sanno cogliere gli attimi fuggenti? Mi direte: oggi questa scommessa è strana, come si fa a stabilirlo? Eppure voglio proporla, affidandola alla coscienza e all’autoironia di chi abbia la pazienza di leggermi. Il presupposto è semplice e sono obbligati i riferimenti a Orazio (ma prima ancora al greco Mimnermo), a Catullo, a Lorenzo de’ Medici, a Ludovico Ariosto e, per la qualità divulgativa, al bellissimo film di Robin Williams, L’attimo fuggente. Nella vita una stabile felicità non è possibile. Ma è possibile, per tutti, godere degli attimi fuggenti che la vita ci regala: a patto di saperli cogliere e apprezzarne il valore. Carpe diem, è scritto nella poesia di Orazio, che esagerava un po’: la traduzione letterale è «vivi il giorno», mentre vivere anche solo un attimo di felicità è grasso che cola. Ma eccomi alla mia riflessione: siamo sicuri di avere la sensibilità necessaria per coglierli, questi preziosi attimi fuggenti? Butto la risposta su un versante facile, che però ci riguarda tutti, a costo di essere considerato un populista (nessuno si disturbi a illudersi di insultar mi, per me è un complimento). La classe politica. Ingiustamente questo sì – generalizzando, la nostra classe politica, i nostri governanti sanno cogliere l’attimo, e quale attimo? Non mi va di pensare che per loro «vivere il giorno» voglia dire cogliere l’opportunità per depredarci, farsi corrompere, sprecare denaro, partecipare a malefatte criminose. No, questo no. Ma avranno mai pensato alla felicità che potrebbero avere, anche solo per un attimo, facendo qualcosa di utile e generoso per la comunità? Non propongo moralismi. Solo una domanda, facile facile.
di Cesare Lanza, La Verità