Le diffusioni dei newsmagazine da luglio 2015 a giugno 2016. Ok Valeurs Actuelles: +5%. Per L’Express copie giù del 28%. L’Obs a -15%, Le Point a -5%
Un paio di giorni dopo il licenziamento del direttore de L’Express, Christophe Barbier, l’homme à l’echarp rouge, l’uomo dalla sciarpa rossa, per il pessimo stato di salute del settimanale che ha diretto per un decennio (vedere ItaliaOggi del 12 ottobre), l’Acpm, Alliance pour le cifres de la presse et de medias, l’Ads francese, pubblica le cifre della diffusione dei newsmagazine nel periodo luglio 2015-giugno 2016.
Ed è l’ennesima certificazione del disastro. L’ennesima conferma che questo modello giornalistico non regge più, obsoleto, quasi fuori mercato (anche se il numero delle copie diffuse qui in Francia è un multiplo considerevole delle copie diffuse in Italia) senza che nessuno ne abbia trovato un altro che non sia la solita ricetta basata sulle inchieste, gli approfondimenti, le esclusive per non dare al lettore «l’impression qu’il lit ce qu’il a dejà lu ailleurs dans la semaine», la sensazione di rileggere quello che ha già letto altrove durante la settimana, come spiega Matthieu Croissandeau, il direttore de L’Obs nel giorno in cui le rilevazioni dell’Acpm indicano proprio l’ex grande settimanale della gauche come il vero grande malato del giornalismo d’inchiesta.
Numeri impietosi: L’Obs perde il 15% della sua diffusione complessiva (368 mila copie) e il 23% delle vendite in edicola (34.400 copie) ed è costretto, per la prima volta nella sua storia, a sottoporsi a una severa cura dimagrante (meno 38 giornalisti su un organico di 185) fatta di economie gestionali, vale dire taglio dei costi, per almeno 5 milioni di euro.
L’editore, che è poi lo stesso del quotidiano Le Monde – il trio Bnp, Bergé-Niel-Pigasse – l’ha imposta a Croissandeau come condizione indispensabile per continuare a dirigere il giornale e provare a reggere la concorrenza sempre più agguerrita del competitore diretto, Le Point, che fa capo al re della moda François-Henry Pinault (tramite la holding Artemis) e perde anch’esso copie (348 mila di diffusione complessiva e 58.500 in edicola) ma a una velocità inferiore (-5%) rispetto a tutti gli altri, sia a L’Obs sia a L’Express.
Quest’ultimo, poi, ha bruciato le ultime risorse economiche messe in campo dal suo editore, il tycoon Patrick Drahi, per un restyling radicale lanciato in grande stile (e con un grande investimento pubblicitario) la primavera scorsa per fermarsi a quota 300 mila di diffusione e 34.400 copie in edicola con un crollo del 28%.
E ora è costretto a licenziare una novantina di dipendenti tra giornalisti e impiegati amministrativi. Il quarto settimanale, Marianne, perde anch’esso il 5,7% a 147 mila copie di «ventes payées», di diffusione complessiva. Mentre va in assoluta controtendenza Valeurs Actuelles, il magazine schierato «senza se e senza ma» con la destra sovranista e nazionalista (vedere ItaliaOggi del 9 giugno e del 7 ottobre). È l’unico settimanale con gli indicatori di diffusione in positivo: +5% a 118 mila copie.
La spiegazione la dà paradossalmente il suo grande avversario, il direttore de L’Obs Croissandeau quando offre la sua ricetta per uscire dalla crisi: notizie esclusive e «positionnement politique clair», posizionamento politico chiaro. Chissà perché funziona per Valeurs Actuelles e non per il vecchio glorioso L’Obs.
Italia Oggi