«Abbiamo un patrimonio enorme, fatto di lettori, di giornali, di prodotti editoriali. Abbiamo competenze industriali e di marketing. Sappiamo comunicare e conosciamo perfettamente i nostri inserzionisti e il mercato pubblicitario. Non si capisce, quindi, perché dobbiamo accettare in silenzio le incursioni di Google e di Facebook che ci sfruttano, che divorano i nostri margini come parassiti. È il momento di allearci e di passare alla controffensiva!».
L’appello all’Union Sacré degli editori francesi contro le manovre più o meno lecite, più o meno accettabili dei colossi del web, che però forniscono lettori aggiuntivi (seppure erratici) alle piattaforme internet dei giornali, arriva da un gigante del settore, da Prisma Media, «le prémier groupe bi-media» (cioè sulla carta stampata e su Internet) del Paese, una trentina di testate in portafoglio (magazine storici con diffusioni solidissime come Femme Actuelle, 700 mila copie, il modello del mondadoriano Donna Moderna, come Geo, Gala, quello che ha ispirato il settimanale Chi sempre di Mondadori, Capital, National Geographic, Ça m’interesse e una raffica di popolar-televisivi) e un fatturato che sfiora il miliardo di euro.
Il gran capo di Prisma Press, che è una filiale del colosso tedesco Grüner+Jahr (controllata a sua volta da Bertelsmann), Rulf Heinz, un tedesco di poche parole che è stato anche alla guida della joint-venture italiana Grüner-Mondadori, ha fatto quasi una chiamata all’ordine con parole accorate: «Bisogna assolutamente fare qualcosa, altrimenti i nostri siti internet, tutta la nostra offerta digitale finirà per essere divorata dai due parassiti americani, da Google e da Facebook».
Gli ha già risposto il direttore generale del gruppo Les Echos-Le Parisien (di proprietà della conglomerata del lusso Lvmh), Francis Morel: «Verissimo, bisogna attrezzarsi per contrastare l’invadenza di Google e Facebook. Questo non vuol dire guerra senza quartiere, perché con Google e Facebook facciamo anche buoni affari. Ma ristabilire le regole del gioco, che cosa spetta a chi, ecco questo è indispensabile». Lo stesso messaggio di solidarietà arriva dal direttore generale del Figaro, Marc Feuillé. Si aspettano altre adesioni, a cominciare dal numero tre del mercato, da quella Mondadori France che ha più volte ribadito il suo interesse a rafforzare la presenza web dei suoi prodotti migliori, da Grazia a Closer.
Heinz è seriamente preoccupato. Ha letto con attenzione l’ultimo report «Tendances Internet 2016» presentato a maggio al French Tech di Parigi dall’americana Mary Meeker, un’analista del fondo d’investimento Kleiner Perkins Caufield & Byers, apprezzatissima in tutto il mondo per i suoi studi sulla pubblicità sul web, ed è rimasto colpito dai dati presentati dalla guru newyorchese sintetizzati in un esempio fulminante: su ogni dollaro aggiuntivo investito nella pubblicità su Internet, tre quarti vanno dritti nelle casse di Google e Facebook.
Ma come reagire? Heinz si limita, al momento, a fare qualche proposta. Per esempio, mettere a fattor comune certe risorse informatiche, le piattaforme commerciali con il database dei clienti, spingere per le vendite automatiche di spazi pubblicitari come s’è fatto in passato con applicazioni come Audience Square e La Place Media, una sorta di marketplace comune degli annunci sul web. Ma non è bastato. Heinz insiste sul punto: «Se cominciamo a lavorare insieme, se condividiamo il nostro savoir-faire e le nostre informazioni, troveremo le soluzioni giuste». Facile a dirsi, difficilissimo a farsi perché nessun editore è disponibile ad aprire i suoi database, a condividere il suo lavoro e il suo expertise. La concorrenza, in questo periodo di crisi, è feroce e nessuno vuole fare un passo falso. Per questo il gran capo di Prisma Media parla di «accordi a geometria variabile» tra editori concorrenti. Insomma, qualsiasi soluzione pur di fermare l’emorragia di fatturato verso Google e Facebook.
Italia Oggi