L’anello debole dell’euro è a Lisbona: Portogallo rischia un secondo salvataggio

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I conti pubblici destano ancora preoccupazione, soprattutto a Bruxelles dove si teme che il governo lusitano ceda alle pressioni dell’estrema sinistra e inverta la rotta dell’austerità imboccata nella precedente legislatura da Passos Coelho. In arrivo domani il giudizio di S&P

antonio-costaE’ da quindici giorni che la parola risuona come una minaccia nei palazzi del potere di Lisbona: “resgate”, salvataggio, è l’incubo che turba i sonni del premier socialista Antonio Costa e dei due soci di sinistra (Bloco de Esquerda e comunisti) che sostengono l’esecutivo in carica da dieci mesi. Uno spettro da tenere a distanza, anche perché i portoghesi sanno bene di cosa si tratti, avendone sofferto le terribili conseguenze sul piano sociale in tempi recentissimi (2011-2015), quando il paese fu costretto a subire l’amministrazione controllata dei “men in black”, i funzionari della troika formata da Bce, Fmi e Unione Europea, incaricati di vigilare sull’utilizzo dei 78 miliardi di euro concessi per evitare il default.
La situazione, oggi, non è la stessa di cinque anni fa – quando fu un altro premier socialista, José Socrates, a invocare l’aiuto finanziario europeo poco prima di essere sconfitto alle urne dal conservatore Pedro Passos Coelho – ma i conti pubblici destano ancora preoccupazione, a Lisbona come a Bruxelles. Soprattutto nella capitale comunitaria, dove il timore è che, avendo evitato appena due mesi fa una multa per il mancato compimento degli obiettivi di bilancio, il governo portoghese ceda ora alle pressioni dell’estrema sinistra e inverta la rotta dell’austerità imboccata nella precedente legislatura da Passos Coelho.
Il cammino intrapreso da Costa sembra proprio questo: smontare le riforme più dure varate dal centro-destra e restituire ai lavoratori portoghesi una parte dei sussidi che gli erano stati ritirati. Percorso pericoloso perché, nonostante il deficit sotto controllo (sarà inferiore al 2,5 per cento annuncia Costa, meno del 2,8 preteso da Bruxelles), il vero problema è quello del debito, che sfiora il 132 per cento del Pil, contro il 124,8 che l’esecutivo si era impegnato a raggiungere a fine anno.
In più, rincara la dose il Financial Times prevedendo l’imminenza di un secondo salvataggio, il paese si trova “al centro di una tormenta perfetta di crescita debole, caduta degli investimenti, bassa competitività”, con un settore bancario sottocapitalizzato che necessita di un riordino urgente. Lo spread rispetto ai bund è a quota 315 punti, il tasso di interesse sul debito a dieci anni è al 3,2 per cento. Nonostante tutto, Moody’s sostiene che il rischio di dover ricorrere al “resgate” è ancora basso, perché la situazione della liquidità di Lisbona si prospetta accettabile almeno sino alla fine dell’anno.
Domani si pronuncerà anche Standard&Poor’s, ma tutti gli occhi sono puntati sul responso che darà a metà ottobre l’agenzia di rating canadese Dbrs, l’unica tra le grandi che non ha ancora collocato i bonos portoghesi al livello di “spazzatura”. Se dovesse cambiare l’orientamento seguito finora, Lisbona potrebbe correre il serio rischio di perdere l’accesso ai mercati finanziari.

Repubblica