Si è spenta a 85 anni
Marta Marzotto ha vissuto molte più vite dei suoi giorni. Senza limiti come il suo sorriso, assoluta come i suoi amori. Una donna che ha sterzato il destino, ha domato il tempo con l’ironia e la sfrontatezza degli spiriti ribelli: «La vecchiaia è talmente interessante che se l’avessi saputo prima mi sarei alzata l’età», diceva sempre, anche prima di andarsene a 85 anni. È morta in ospedale, ma il finale della sua storia è la parte meno interessante. È tragicamente uguale a quello di molti, l’ultimo respiro di un corpo consumato dal male. Meglio raccontare l’inizio. Nata povera, figlia di un manovale delle Ferrovie addetto al controllo dei binari e di una mondina, conquista il conte Umberto Marzotto erede dell’impero tessile veneto. Marta Vacondio, la ragazza che catturava le rane per venderle a cento lire al mercato, seduce uno dei rampolli di una dinastia nobile e ricca. Umberto le insegna a stare in quel mondo dove chi non ci nasce prova sempre un certo disagio, come una farfalla che si posa sul fiore sbagliato. Marta no. Lei impara prestissimo. A 23 anni diventa la signora Marzotto, fa cinque figli. Ama il lusso, i viaggi, i vestiti, il profumo di rosa berbera e quella tonalità dirosso che è solo sua, dei suoi vestiti, del suo rossetto. Eccessiva, faraonica eppure così straordinariamente semplice. Del suo matrimonio con Marzotto durato 40 anni e tanti tradimenti, ha sempre detto: «Nella mia infedeltà ero fedelissima. Sono stata un’ottima moglie e un’ottima madre. Ho insegnato ai miei figli che devono farsi perdonare dei privilegi di cui hanno goduto». Marta non avrebbe mai potuto fare la ricca signora mettendo sotto spirito il suo cuore, frenando le pulsioni del suo giovane corpo. Era un’esplosione di vita, una donna che aveva fatto della seduzione fisica e intellettuale l’essenza della sua esistenza. La prima volta che vede il suo grande amore Renato Guttuso ha appena partorito. Lo incontra alcuni anni dopo. Lui le stampa un bacio sulla bocca. Da allora diventano amanti per 20 anni. Una passione che tiene dentro sesso e arte, corpi e colori. È sempre la moglie di Marzotto ma è anche la musa di Guttuso, l’unica che ha il permesso di entrare nella stanza del maestro. In pochi anni la stilista conosciuta in tutto il mondo, la signora dei salotti, incontra Gianni Agnelli, i Kennedy, diventa amica di Gheddafi e confidente di Sandro Pertini che le telefona ogni mattina. In più interviste Marta ha detto che il presidente partigiano la chiamava alle 7.45 in punto e la loro conversazione si concludeva sempre allo stesso modo. «Marta, si ricordi che lei è amata da un grande pittore e da un piccolo presidente». E Marta rispondeva: «Presidente, guardi che io finisco per crederci». E Pertini: «Ci creda, ci creda». Mentre è ancora sposata con Marzotto ed è la musa di Guttuso incontra il parlamentare e intellettuale comunista Lucio Magri. Una storia che dura 10 anni. I due si conoscono a casa di Eugenio Scalfari il giorno in cui nasce La Repubblica , il 14 luglio del 1976. È un amore combattuto, discusso, quello tra il comunista e la contessa. Una vita che sembra una favola piena di colori e profumi fino al 1986, l’anno orribile, quello in cui Marta perde tutto. Divorzia da Umberto, rompe con Renato (che muore l’anno successivo) e litiga con Lucio. Lei cade e si rialza nascondendo il dolore sotto gli ampi caftani dorati, continua a disegnare abiti dallo stile inconfondibile con tessuti che sembrano quadri e scrive due libri in cui si racconta: Il successo dell’eccesso e Una finestra su Piazza di Spagna. La mia vita. Eccentrica, controcorrente, originale e coraggiosa, Marta non dimentica mai le sue origini umili, ai suoi cinque figli e ai tanti nipoti tra cui Beatrice Borromeo (figlia di Paola Marzotto) ha insegnato a succhiare il nettare della vita, ad immergersi nel bello, a pretendere il massimo, a cercare il lusso anche se lei non si è mai sentita sicura di poter godere per sempre delle sue ricchezze. Come per tutti quelli che nascono poveri, il benessere è come una concessione non un diritto acquisito. Nel 1989 la vita si riprende in un attimo tutto quello che le ha donato: Annalisa, la sua seconda figlia muore per una malattia a 32 anni e la sua vita non sarà più la stessa. Scende un velo. Dal viso si toglie le rughe («Il botox è la più grande invenzione del ventesimo secolo», diceva sempre) ma quella ferita lì, quel dolore le resterà piantato come un chiodo al centro del cuore e se lo porterà nelle cene di gala, durante i tè con le amiche, ai vernissage, alle sfilate. Ma forse per capire veramente la Marzotto basterebbe leggere il suo decalogo che ha consegnato a Cesare Lanza in un’intervista per Sette di alcuni anni fa. «Fate sesso, se avete desiderio, senza problemi. Volate alto, metteteci fantasia. Se non avete una storia d’amore inventatevela. Parlate poco di voi. Nessun complesso verso i tabù. Accennate il primo passo, se vi va. Vince chi fugge ma inutile fuggire se lui non vi insegue. Gelosia al punto giusto. Siate più costose possibili, più costate più valete (ovviamente entro i limiti). Perdonate, ma non dimenticate. Si può amare contemporaneamente a patto di essere fedelissime con i sentimenti. Ognuna di noi in amore è quello che il tuo uomo o i tuoi uomini ti consentono di dare». Una donna libera, questo era Marta Marzotto. Libera dai tabù, dai pregiudizi e dai giudizi, ha solcato le onde della vita, ha superato le burrasche ed ha resistito perfino agli tsunami con il timone ben saldo e diretto verso l’unica vera meta: l’amore. Per gli uomini, per i figli e per i nipoti. Ma anche per l’arte, gli abiti, i viaggi, il lusso, i gioielli, i profumi. «Fatti un nome, poi, se anche farai la pipì a letto diranno che hai sudato», le ripeteva sua nonna. Marta Vacondio si è fatta molto più di un nome: è diventata Marta Marzotto.
di Lucia Esposito, Libero