Milano «Non c’è dubbio che nei prossimi mesi tutta l’attenzione degli investitori sarà rivolta a quello che Snam farà in Italia. Perché la quotazione in Borsa di Italgas si presenta come l’operazione più significativa dell’anno. Ma ancora più importante sarà seguire la strategia della società per crescere in Europa: per diventare definitivamente protagonista nella creazione della rete europea, Snam non può permettersi di sbagliare le prossime mosse». Come rivela il giudizio di un importante banchiere d’affari milanese, allo sguardo attento di chi da tempo segue il settore dell’utility non è sfuggito il “doppio scenario” contenuto nel piano strategico al 2020 che il gruppo Snam ha appena presentato a Londra, durante un incontro con gli investitori internazionali. Da un lato c’è il fronte “interno”: con una operazione destinata a liberare risorse, ma anche a liberarsi della gestione operativa della rete locale del gas. In effetti, il ritorno in Borsa (dopo 13 anni) di Italgas rappresenta una operazione di primo livello, soprattutto per i numeri con cui si presenterà la prossima matricola di Piazza Affari. Al termine della scissione che vedrà i soci di Snam ricevere una nuova azione di Italgas per ogni cinque titoli di Snam in portafoglio, la nuova compagine si presenterà con un utile “pro forma” al 2015 pari a 260 milioni, un fatturato di 1,1 miliardi e una reddittività di poco superiore ai 735 milioni. Tenendo conto dei possibili multipli di settore, il mercato si aspetta lo sbarco al listino milanese di una società destinata a diventare subito una “blue chip”, con una valorizzazione complessiva che potrebbe aggirarsi sui 7-8 miliardi. Ma si tratta di cifre ancora tutte da verificare e a cui la società non dà alcuna conferma. Al termine della scissione, la nuova compagine vedrà il gruppo guidato da Marco Alverà (l’ex manager Eni che dalla fine di aprile ha preso il posto di Carlo Malacarne, diventato presidente) scenderà al 13,5% del capitale: Snam sottoscriverà un patto di sindacato con le due controllate di Cdp: Cdp Reti avrà il 25,08% e Cdp Gas il 10,98%. Da tenere sempre a mente che Cdp Reti è al 70% detenuta dall’istituto di via Goito, mentre il restante 30% è in mano al gruppo cinese State Grid Corporation of China, la più grande utility al mondo con i suoi 2,2 milioni di dipendenti. A Piazza Affari andrà, dunque, il 60% del capitale: se da un lato si tratta di un numero di azioni non indifferente e che tanta carta potrebbe penalizzarne la valorizzazione, dall’altro lato va detto che in tempi di tassi sottozero società come Italgas che basano il loro business su attività regolate sono tra le più ricercate dagli investitori di lungo periodo. Il nuovo ad di Italgas sarà Paolo Gallo, ex manager Acea che ha appena completato l’operazione Grandi Stazioni, venduta per un miliardo da Ferrovie e Benetton alla cordata italo-francese Borletti- Antin. A Gallo il compito di valorizzare ulteriormente la società, che gli viene consegnata avendo come primo obiettivo quello di crescere nel mercato locale della distribuzione del gas. Sono appena partite le gare nei vari ambiti locali, pur tra mille difficoltà procedurali e ricorsi legali, ma è evidente che Italgas parte da favorita, per dimensioni ed esperienza: tant’è vero che nel piano industriale presentato a Londra si ipotizza di salire dal 30 al 40% di market share. Non è detto che in futuro Snam non scenda ancora di quota o possa utilizzare le azioni Italgas per qualche alleanza di carattere industriale. Il che si collega al secondo “scenario” illustrato da Alverà a Londra: lo sviluppo nelle infrastrutture del trasporto del gas in Europa: «Nei prossimi cinque anni – ha detto l’ex braccio destro di Paolo Scaroni ai tempi dell’Eni – investirenmo 4,5 miliardi per il potenziamento della rete nazionale e la sua integrazione con i mercati continentali». Tradotto, significa che Alverà intende completare il disegno strategico iniziato da Malacarne e che ha portato Snam ad acquisire la rete di ditribuzione del gas nel sud della Francia da Total nonché il collegamento Interconnector sotto la Manica, oltre a quote dei gasdotti che arrivano in Italia dall’Austria e dalla Germania. In pratica, Malacarne ha condotto la campagna d’Occidente mentre Alverà sta pianificando quella che guarda verso Oriente. Su almeno due direttrici. Una l’ha ereditata, visto che Snam già dall’anno scorso è diventato partner industriale del consorzio Tap, di cui ha acquisito il 20% delle quote per circa 200 milioni. Il Tap è il gasdotto che porterà in Italia fino a 10 miliardi di metri cubi (raddoppiabili a 20) di gas proveniente dall’Azerbaijan. Ma il Tap è anche la possibile porta d’ingresso per il mercato turco e da qui ai possibili collegamenti con Israele e Iran, due paesi che giocheranno un ruolo importante nel mondo del gas nei prossimi anni. Il secondo obiettivo della strategia internazionale vedrà Snam impegnata nel potenziamento delle reti che dovranno rifornire di materia prima i paesi dell’Est Europa. Spiegazione: con il sempre più probabile raddoppio del North Stream sotto il Baltico e la possibile realizzazione del Turkish Stream sotto il Mar Nero, Gazprom intende aumentare la sua offerta di gas verso l’Europa occidentale, bypassando i paesi dell’ex blocco sovietico. I quali dovranno, comunque, rifornirsi di gas. E questo non potrà che avvenire invertendo i flussi dei gasdotti che ora viaggiano da est verso ovest. Un “reverse flow” in cui Snam vuole avere un ruolo di primo piano candidandosi, sfruttando la posizione geografica dell’Italia, quale porta del Mediterraneo. In altre parole: Snam può portare verso il resto d’Europa il gas proveniente dalla Libia e dal Medio Oriente, ma anche da altre parti del mondo via nave, sfruttando la presenza dei suoi rigassificatori. Se giocherà bene le sue carte, potrebbe diventare uno dei bracci armati della politica energetica della Ue.
Repubblica