Due partite, sei punti, come finora la Francia e nessun altro. L’Italia è agli ottavi con un turno di anticipo colpendo nella coda della partita, quella che sembra l’arma migliore di questi Europei. Fino a giovedì era già stati ben 7 i gol segnati negli ultimi cinque minuti. L’ottavo è il lampo azzurro quando mancano 180 secondi al novantesimo. Rimessa di Chiellini, sponda rabbiosa di Zaza e percussione di Eder che fa quel che non si era mai visto a Tolosa fino a quel momento: punta la statica difesa svedese e batte Isaksson spedendo la nazionale tra le sedici migliori del continente. A sorpresa, come era accaduto solo nel 2000, con un turno ancora da giocare. Però no, l’Italia non ha una seconda dimensione. Quando c’è da soffrire e ripartire, gli azzurri sanno cosa fare ma se devono costruire e aggredire finiscono in apnea. E vanno in difficoltà anche se mancano gli spazi per inserirsi. La prodezza di Eder, altra scelta azzeccata di Conte che lo ha portato in Francia tra i mugugni di mezza nazione pallonara, vale gli ottavi, ma la Svezia imbriglia l’undici azzurro per oltre un tempo e anche quando abbassa la pressione, l’Italia non punge nonostante le evidenti incertezze della linea difensiva davanti a Isaksson, sorpresa per la prima volta a nove minuti dalla fine con l’asse Giaccherini-Parolo e la traversa a strozzare l’urlo azzurro. Preambolo alla giocata decisiva di Eder, una manciata di azioni più tardi.
Prima dell’assolo dell’italo-brasiliano, Italia e Svezia aveva regalato sbadigli ed errori. Da parte azzurra, la colpa va ricercata nelle molte imprecisioni, in un fuoco che non arde come contro il Belgio e di una gamba meno svelta e reattiva. E, secondo Conte, anche in un po’ di ansia montata dopo l’ottimo esordio. Ma i meriti vanno anche agli svedesi, tanto inconsistenti e Ibra-dipendenti dalla trequarti in su, quanto compatti e concreti nel chiudere tutti gli spazi non permettendo agli incursori di distendersi con continuità.
Così l’Italia diventa incapace di affettare gli avversari lungo le fasce o sorprenderli con lanci lunghi e inserimenti, dimostrando che forse il faccia a faccia migliore negli ottavi è forse proprio contro una big come Spagna o Croazia, squadre che fanno la partita e concedono spazi nei quali tuffarsi. Conte aveva chiesto una nazionale aggressiva e pronta ad attaccare. Ma si è ritrovato in campo una pattuglia che lascia fare anche la Svezia, undici monocorde ma reattivo e capace di gestire il 58 per cento di possesso palla nel primo tempo. Quarantacinque minuti nei quali ci sono poche emozioni e zero occasioni per gli azzurri. Gli svedesi dominano fisicamente impedendo il gioco di sponda di Pellè, utile contro il Belgio, e intasano la mediana tenendosi corti così da cancellare le incursioni di Parolo e Giaccherini. L’Italia sbaglia a non allargare il gioco, complice un De Rossi lento e poco propositivo, nonostante Candreva e Florenzi, preferito a Darmian, creino sempre un minimo di scompiglio con la palla tra i piedi. Ma se da un lato Pellè ed Eder non toccano neanche un pallone in area nel primo tempo, anche Buffon si limita a controllare un colpo di testa di Ibrahimovic e un paio di palloni spuntati da mischioni in area.
L’Italia con poco ritmo, che non riesce mai a mettere pressione e anticipare gli avversari, scompare dopo l’intervallo. Conte fa tremare le mura degli spogliatoi e gli azzurri ripartono alti e più reattivi. La Svezia scala almeno due marce nel pressing e l’ingresso di Zaza scuote dalle fondamenta la partita. Appena entrato scatena subito Parolo sulla trequarti, ma il centrocampista della Lazio perde il tempo per il passaggio di ritorno e serve Giaccherini, anticipato. Poi c’è molto corpo a corpo, un brivido per il colpo sballato da Ibrahimovic a due metri da Buffon, ma in fuorigioco, e cambi che non spostano di un centimetro l’equilibrio. Fino alla traversa di Parolo, innescato da Giaccherini, che pompa voglia nelle vene degli azzurri. Gli svedesi non ne hanno più, Zaza fa valere i suoi centimetri e lancia Eder, la convocazione più criticata. Dopo Giaccherini, uomo di fiducia dell’allenatore azzurro, tocca alla scelta più incomprensibile del ct far godere l’Italia. Aveva segnato appena tre gol nel 2016, uno dopo il trasferimento di fine gennaio all’Inter. È riapparso a Tolosa. Aveva ragione Conte.
Il Fatto Quotidiano