Borse in terreno negativo. La Bce ha esteso gli acquisti alle obbligazioni delle aziende. Il caso Telecom: ha rating speculativo per due agenzie su tre, ma basta un giudizio positivo per farla entrare nel portafogli di Francoforte. Sono 130 le emissioni italiane acquistabili. Ritraccia il petrolio
I listini occidentali procedono deboli, in attesa di capire quali saranno gli esiti del referendum sulla Brexit e in che direzione si muoverà la Federal Reserve. Sono i tratti principali dei mercati, che in Europa si muovono in rosso: Milano cede lo 0,7%. In linea gli altri listini del Vecchio continente: Londra perde l’1%, Parigi l’1,1% e Francoforte l’1,6%. A Piazza Affari, i titoli più seguiti sono quelli di Unicredit e Rcs: la banca riunisce il cda per fare il punto sul dopo-Ghizzoni, mentre il board dell’editore si riunisce per la fairness opinion sull’Offerta pubblica di scambio lanciata da Cairo Communications.
Sui mercati si è tornata a muovere la Banca centrale europea che ha dato l’avvio alla fase estesa del suo Quantiative easing, includendo anche i titoli di aziende non finanziarie tra i possibili oggetti degli acquisti da 80 miliardi al mese. Un’operatività iniziata ieri, con alcune modalità che gli analisti hanno visto come “aggressive”. Il caso-scuola riguarda Telecom Italia, i cui bond sarebbero stati oggetto d’acquisto da parte dell’Eurotower (anche se le autorità non confermano). Si tratta di titoli che hanno in due casi su tre un giudizio negativo da parte delle agenzie di rating, che le classificano come “speculativi”. Soltanto una di esse – Fitch nello specifico – attribuisce il patentino di “investment grade” e permette così alle obbligazioni della compagnia telefonica di rientrare tra quelle acquistabili da Mario Draghi: le regole che la Bce si è data prevedono infatti che ci sia almeno un giudizio positivo tra i vari rating perché i bond possano finire nel portafoglio di Francoforte. “E’ stata una partenza aggressiva per il programma” d’acquisto, ha detto Jeroen van den Broek di Ing a Bloomberg. “La vasta gamma di acquisti da parte della Bce indica che Draghi fa sul serio”.
Secondo le più recenti stime di Morgan Stanley, il Qe esteso ai bond corporate può attingere strumenti da un bacino di obbligazioni da circa 675 miliardi di titoli. Bloomberg ha censito 1.049 bond acquistabili, 130 dei quali sono emessi da società italiane (si parla di oltre 80 miliardi di euro di valore). Oltre a Telecom, l’elenco include Terna, Snam, Poste, Luxottica, Fs, Eni ed Enel solo per citare alcune società. Nella prima giornata di shopping della Bce, nelle sale operative si sono fatti i nomi di Generali, Telefonica, Renault, Engie, Rwe e Siemens come oggetto degli acquisti. Le stime sull’ammontare mensile degli acquisti sono molto varie, tra i 3 e i 10 miliardi a seconda degli analisti. Molti, però, scommettono su un ritmo accelerato in questa prima fase del programma, anche in vista dell’estate durante la quale il mercato si presenta meno liquido. Sta di fatto che gli effetti si sono già visti e, alla vigilia dell’avvio del Qe esteso, il rendimento medio dei bond con giudizio “investment grade” dell’Eurozona è sceso sotto l’1% ai minimi da un anno.
Guardando all’altra sponda dell’Atlantico, la possibilità che la Fed arrivi a dicembre prima di alzare i tassi d’interesse continua a farsi sentire sul fronte valutario. Fino a pochi giorni fa, i mercati pensavano che luglio sarebbe stato il mese buono per la seconda stretta monetaria da parte della Banca centrale Usa; ma il deludente rapporto sul lavoro di venerdì scorso (solo 38mila posti creati a fronte dei 160mila attesi) ha cambiato le carte in tavola. L’euro si è rafforzato nei confronti del dollaro arrivando fin sopra 1,14, salvo poi ritracciare in area 1,136. Contro lo yen, la moneta unica passa di mano in area 121. Poco mossa la sterlina sulle principali valute in vista del referendum sulla Brexit. Lo spread tra Btp decennali e omologhi Bund tedeschi si porta sopra 130 punti base, con il rendimento del decennale vicino all’1,4%.
Ha rallentato la crescita dei prezzi al consumo in Cina. A maggio, secondo i dati dell’Ufficio nazionale di statistica, il tasso annuo è stato del 2% rispetto al 2,3% registrato in aprile. Il calo è stato favorito dal calo dei prezzi alimentari che invece avevano registrato un rialzo nei mesi invernali. Restando in Asia, questa volta in Giappone, ad aprile gli ordini di macchinari industriali sono calati dell’11% e hanno segnato il peggior dato da due anni. Su base annuale il calo è stato dell’8,2%. La Germania ha registrato in aprile un surplus di bilancia commerciale di 24 miliardi, mentre gli analisti stimavano un surplus a quota 22 miliardi. L’Istat ha segnalato cauti miglioramenti sul mercato del lavoro italiano nel primo trimestre dell’anno. Un monito ai governi è arrivato da Draghi: nonostante ci siano “molte ragioni politiche comprensibili per rinviare le riforme strutturali” nei paesi, ha detto in una lettura in commemorazione di Tommaso Padoa-Schippa, il costo di tali ritardi “è semplicemente troppo alto”. L’Ocse ha censito in aprile un tasso di disoccupazione stabile al 6,4% nell’area, mentre la bilancia commerciale della Gran Bretagna ha mostrato un deficit in calo a 10,5 miliardi di sterline ad aprile.
Negli Usa, per la quarta settimana di fila, il numero di lavoratori che per la prima volta hanno fatto richiesta per ricevere sussidi di disoccupazione si è attestato in calo: le richieste sono scese di 4mila unità a 264mila. Il dato si attesta in media sotto quota 300mila da 65 settimane, la serie migliore dal 1973 quando la forza lavoro era più piccola di quella attuale. Gli analisti attendevano un dato in rialzo di mille unità a 268mila unità.
Dopo il rafforzamento del petrolio sui mercati asiatici, i future ritracciano con il Wti che tratta in area 50,6 dollari e il Brent sotto quota 52 dollari. Si stabilizza il prezzo dell’oro, che aveva guadagnato terreno dopo l’annuncio della Fed di voler mantenere una politica monetaria accomodante: il metallo spot si piazza poco sotto quota 1.260 dollari l’oncia.
La Borsa di Tokyo ha chiuso in ribasso per lo yen forte e le preoccupazioni sulla tenuta dell’economia nipponica. L’indice Nikkei ha perso lo 0,97% a 16.668,41 punti. Chiusura positiva invece per la Borsa di Wall Street, con l’indice Dow Jones a 18.005 punti (+0,37%) e il Nasdaq a 4.975 (+0,26%).
Raffaele Ricciardi, La Repubblica