Due sondaggi mostrano l’opzione di abbandonare la Ue in vantaggio sui favorevoli alla permanenza: cala la sterlina. Deludono gli ordini all’industria tedesca: male le richieste dall’estero. Il petrolio si consolida intorno a 50 dollari al barile. I mercati aspettano risposte da Janet Yellen: dopo il deludente rapporto sul lavoro Usa, è tornata l’incertezza sulle mosse della Fed
Ore 11:40. L’ipotesi che il popolo della Gran Bretagna decida di lasciare l’Unione europea torna a preoccupare i mercati. Solo pochi giorni or sono, i sondaggi in vista del referendum sulla Brexit del prossimo 23 giugno mostravano i favorevoli alla permanenza in vantaggio, con i bookmakers che prendevano atto del solco che si stava via via scavando. Ma gli analisti mettevano in guardia sulla possibile volatilità delle giornate a seguire. E, puntuale, quest’ultima è tornata a farla da padrona. A scatenare le preoccupazioni sono nuovi sondaggi, che ribaltano le convinzioni di poche settimane fa: uno di YouGov per il network ITV colloca l’uscita dall’Europa al 45%, davanti a chi voterebbe per restare (41%). Un altro sondaggio di TNS indica la Brexit al 43% e il “sì” all’Europa al 41%.
La prima ripercussione è arrivata sulla sterlina, che si è portata ai minimi da tre settimane perdendo terreno contro tutte le principali divise concorrenti: è arrivata a perdere oltre l’1% sul dollaro a 1,435. L’euro si conferma sopra 1,13 dollari, livello raggiunto venerdì dopo che i deludenti dati sul lavoro Usa hanno assottigliato le chances di una stretta monetaria da parte della Federal Reserve: la moneta europea passa di mano a 1,135 dollari e 121,6 yen. I mercati Ue procedono incerti dopo l’apertura in rosso: Milano è invariata . Osservato speciale è il Banco Popolare, al primo giorno d’aumento di capitale. Contrastate le altre: Londra sale dello 0,7%, Francoforte dello 0,2% e Parigi lima lo 0,1%. Lo spread tra Btp e Bund apre a quota 128 dopo aver chiuso veredì scorso a 127 punti. Il rendimento si attesta all’1,35%.
I mercati faticano a trovare supporto dal principale dato macroeconomico di giornata, proveniente dalla Germania: gli ordini all’industria tedeschi sono scesi del 2% congiunturale ad aprile, molto peggio delle attese. L’indice grezzo mostra invece un aumento tendenziale del 2,4%. Come accade da tempo, a metter pressione alle fabbriche tedesche è l’andamento negativo dei mercati emergenti: gli ordinativi esteri sono infatti scesi del 4,3% su mese, quelli interni sono saliti dell’1,3%. Dal fronte macro si registra il miglioramento della fiducia degli investitori europei, con l’indice sentix salito a giugno a 9,9 punti, rispetto ai 6,2 punti del mese precedente e attese per 7 punti. C’è grande attesa per un’uscita ufficiale di Janet Yellen, nel tardo pomeriggio italiano: dopo la delusione derivata dal rapporto sull’occupazione, gli Stati Uniti si interrogano sulle prossime mosse di politica monetaria da parte della Fed.
In mattinata, chiusura debole per la Borsa di Tokyo: l’indice Nikkei 225 ha terminato la prima seduta della settimana con una flessione dello 0,37% a 22.516 punti. Sul fronte delle materie prime, il petrolio ha trattato in rialzo sui mercati asiatici. Il future sul Brent si è mantenuto poco sopra i 50 dollari al barile, il Wti si è portato a 49,11 dollari al barile. L’oro è poco mosso in Asia a 1.241,29 dollari, con una flessione dello 0,23%.
Wall Street riparte oggi dopo una seduta nervosa di venerdì, caratterizzata da un rapporto sull’occupazione americana davvero deludente: nessuno si aspettava che a maggio fossero stati creati soltanto 38.000 posti di lavoro; infatti le stime erano per un aumento di 158.000. Il Dow Jones ha perso 31,5 punti, lo 0,18%, a quota 17.807,06. L’S&P 500 ha ceduto 6,13 punti, lo 0,29%, a quota 2.099,13. Il Nasdaq ha lasciato sul terreno 28,85 punti, lo 0,58%, a quota 4.942,52. Nella settimana, l’indice delle 30 blue chip ha registrato un calo dello 0,4%, quello benchmark è rimasto pressochè invariato e quello tecnologico è riuscito a guadagnare lo 0,2%.
Raffaele Ricciardi, La Repubblica