Cinque imprenditori scommettono su turismo e università per «attrarre talenti e rifare la città»
Nel raccontare quello che sta succedendo a Parma vengono in mente termini oggi peraltro considerati retrò come «borghesia» o «società civile» perché non capita spesso che cinque imprenditori decidano di creare dal nulla un’associazione e soprattutto un progetto a medio termine per rilanciare la propria città. O ancora meglio, «per far venire voglia ai talenti di tutto il mondo di stabilirsi da noi», come spiega Alessandro Chiesi, 49 anni, responsabile per l’Europa dell’azienda farmaceutica di famiglia e presidente di «Parma, io ci sto!», una sigla nato dal basso e che dopo i primi passi oggi verrà presentata alla città. Assieme a Chiesi ci sono Guido Barilla, Andrea Pontremoli del gruppo Dallara, Paolo Andrei presidente della Fondazione CariParma e Alberto Figna presidente dell’Unione Industriali ma l’impegno è quello di coinvolgere tutti i parmigiani di buona volontà, senza distinzioni politiche.
La prima cosa che garantiscono i promotori è che pur essendo il 2016 un anno pre-elettorale né l’associazione né i singoli hanno alcuna intenzione di presentarsi alle elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale. «Lavoriamo con un orizzonte temporale più lungo e siamo disposti a collaborare con qualsiasi amministrazione scelta dai cittadini». Un test lo si è avuto già nelle settimane scorse quando «Parma, io ci sto!» ha invitato i sindaci dei 45 Comuni della provincia e tutti hanno risposto senza differenze di partito o di coalizione.
Il metodo che i magnifici cinque si propongono viene dalla cultura aziendale. Si individuano assieme dei progetti per la città, si studia la loro implementazione e si stende un piano per finanziarli cercando di far convergere risorse pubbliche e private. I primi esempi sono quattro: a) ristrutturare il quadrilatero culturale del centro storico che comprende gioielli come la Camera di S. Paolo e il palazzo della Pilotta; b) creare in collaborazione con l’Università un dipartimento di scienze alimentari; c) rilanciare il festival Verdi affiancando con un Fuorifestival che metta Parma al centro dell’attenzione turistica; d) creare un «Kilometro verde» nella zona che corre lungo l’autostrada a sud di Parma. I promotori dell’iniziativa si definiscono degli «accendini», il cui compito è far partire la scintilla e subito dopo aggregare energie aprendo i tavoli di lavoro alla cittadinanza. «Il nostro non è un programma pre-confezionato, quelli proposti sono solo dei primi progetti ma vogliamo ingaggiare l’intera comunità» garantisce Chiesi.
«La città viene da anni in cui ha accumulato depressione — spiega Michele Brambilla, direttore della Gazzetta di Parma —. Prima il crac Parmalat, poi il maxi-debito del Comune e infine il clamoroso flop del Parma Calcio hanno mortificato lo spirito civico ma evidentemente covava la voglia di reagire, di scuotersi e “Parma, io ci sto!” ha saputo dare una risposta». Non è nemmeno un caso che alcuni dei promotori di «Parma, io ci sto!» (Barilla e Dallara) assieme ad altri imprenditori (Ferrari, Del Rio e Pizzarotti) abbiano preso in mani anche le sorti del football cittadino e con il nuovo Parma1913 abbiano riconquistato sul campo la promozione in LegaPro sostenuti da circa 11 mila abbonati (numeri da serie A).
Ma la politica ufficiale come ha reagito alla novità? Per ora non si registra nessun segnale di ostilità, anzi. Il sindaco Federico Pizzarotti, alle prese con un conflitto lacerante con il Movimento 5 Stelle, ha guardato con simpatia a «Parma, io ci sto!» e quando ha potuto ha partecipato ai primi ritrovi da solo o con singoli assessori. Il primo cittadino non piace a tutti gli imprenditori della città ma con alcuni dei promotori dell’associazione vanta un buon rapporto e questo lo ha aiutato. Da parte del Pd, che nonostante una lunga storia di beffe elettorali resta il primo partito in città, non ci sono state prese di posizione formali ma ai sindaci del circondario la novità piace. È ovvio che pur volendo l’associazione coinvolgere la comunità in città c’è chi aspetta Chiesi al varco dei fatti concreti ma in democrazia (e in provincia) è fisiologico.