Test in alcune province per l’abbinata con Repubblica a 2,50
I newsmagazine settimanali vivono una crisi strutturale che ormai dura da anni. E, in particolare, L’Espresso è una attività in perdita da tempo: nel 2015 la divisione periodici del Gruppo, sulla quale l’impatto dell’Espresso è primario, ha infatti chiuso con un mol negativo per 6,1 milioni (in peggioramento rispetto ai 5,6 milioni del 2014) e un risultato operativo in rosso per 6,3 mln (era -5,8 mln nel 2014). Per questo i vertici della casa editrice di Carlo De Benedetti stanno provando a migliorare i conti del settimanale diretto da Luigi Vicinanza con una serie di operazioni: per esempio, individuare le zone dove le vendite del giornale sono più basse, quelle per raggiungere le quali i costi di stampa e di distribuzione sono più alti, e provare a ottimizzare il tutto con abbinamenti al quotidiano Repubblica. Da oltre un mese è attiva un’area test che va dalla Sicilia alla Sardegna, al Friuli e alla città di Bari, e nella quale L’Espresso non è più disponibile autonomamente in edicola durante la settimana, ma solo alla domenica, in abbinata con Repubblica, al prezzo complessivo di 2,50 euro. In questo modo, nelle intenzioni del Gruppo, dovrebbero da un lato aumentare le diffusioni del giornale, e dall’altro diminuire i costi operativi. E in effetti lo stesso direttore Vicinanza, commentando l’iniziativa, dice che «stando ai primi numeri, piace ai lettori». Insomma, la casa editrice fa dei tentativi, e cerca di trovare rimedi e di tappare le falle, prima che la situazione diventi insostenibile. Il tutto, comunque, sarebbe passato abbastanza inosservato se l’ex direttore dell’Espresso, Giovanni Valentini, oggi portavoce del presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella, non avesse fatto deflagare su Twitter la notizia, poi non esatta, che da domenica scorsa L’Espresso era diventato tout court un allegato a Repubblica, perdendo la propria autonomia. «Da ex direttore dell’Espresso mi sento mortificato», scrive Valentini, «e quando lasciai la direzione dell’Espresso nel 1991 non avrei mai pensato che 25 anni dopo sarebbe diventato un allegato di Repubblica. Un de profundis editoriale per L’Espresso: solidarietà al direttore e a tutti i colleghi per questo attentato alla libertà di stampa». Fidandosi di quanto scritto da Valentini, ci casca con tutti i piedi anche Enzo Iacopino, dal 2010 presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti. Che, sempre su Twitter, trasecola: «Senza parole: tutto diventa mercato e solo mercato», senza verificare la veridicità della notizia (e lui dovrebbe essere il garante di tutti i giornalisti, figuriamoci un po’) né la affidabilità della fonte. Valentini, infatti, ha il dente piuttosto avvelenato col gruppo Espresso, che dal 2013 non gli ha rinnovato il contratto di collaborazione. E non perde occasione di criticare qualunque operazione fatta da De Benedetti e soci (basta scorrere i suoi tweet, peraltro di opportunità dubbia tenuto conto del suo ruolo istituzionale): mette in evidenza i refusi di Repubblica, si dispiace, il 24 dicembre 2015, nel vedere «L’Espresso ridotto a un fascicolo di 102 pagine. Tutta la mia solidarietà al direttore Vicinanza e alla redazione», poi segnala che le radio sono «tutte in crescita tranne Radio Capital (Gruppo Espresso) -3,5%», e si dice triste della fusione Stampa-Repubblica. Ce l’ha, invero, anche col gruppo Condé Nast, perché «la cultura di Vanity Fair non è proprio il modello a cui può ispirarsi l’informazione del servizio pubblico televisivo», e con Carlo Verdelli, nuovo direttore editoriale dell’informazione Rai, che non può saperne più di tanto avendo diretto un giornaletto «come Vanity Fair» (con tanto di risposta piccata da parte dell’attuale direttore di Vanity Fair, Luca Dini). Insomma, Valentini su Twitter va a briglia sciolta. E pure il direttore dell’Espresso, Vicinanza, prova a contenerlo, spiegandogli, più volte, che l’operazione dell’Espresso è solo un test su alcune province. Alla fine Valentini, non prima di aver litigato col capo redattore inchieste dell’Espresso, Lirio Abbate, dicendogli che «lei è tanto ottuso da non meritare risposta anche se ha amici altolocati», si arrende parzialmente e risponde al direttore Vicinanza: «Confermo le mie riserve su una operazione di marketing editoriale che svilisce le testate». Perciò, fino a domenica scorsa, Valentini, in tutta la sua lunga carriera giornalistica (è tra i fondatori di Repubblica nel 1976), non aveva mai sentito parlare di abbinamenti e panini. Beato lui.
Claudio Plazzotta, ItaliaOggi