Gajto Gazdanov
RITROVARSI A PARIGI
Traduzione di Manuela Maddamma/collana Le Strade/ pp. 200 ca./ euro 15
Il romanzo inedito di un grande autore russo, pubblicato con successo in tutta Europa. Considerato il migliore scrittore russo dell’emigrazione europea, viene paragonato, per forza e stile, a Proust, Kafka, Camus, Nabokov. Il libro Dopo la morte della madre, Pierre Fauré lascia Parigi per trascorrere il mese d’agosto in Provenza da un vecchio amico. L’incontro con la foresta, i suoi sentieri, la sua luce, la sua immutabilità e il suo silenzio fa intuire a Pierre – un uomo semplice, contabile di una piccola impresa – l’esistenza di un regno insospettato dove il tempo, lo spazio e le sensazioni regnano sovrane. L’apparizione di Marie, emersa come un sogno sulla soglia della porta della stanza che lo ospita, finisce per convincerlo che davvero la sua vita è altrove, forse destinata a un’impresa più grande. Pierre se ne innamora e decide di portarla con sé a Parigi. Per mesi si ostina a far uscire la giovane donna dal limbo nel quale è affondata, il limbo dell’inconsapevolezza e dell’oblio. Solo un miracolo potrebbe salvarla. E il miracolo avviene: il rifiuto della disperazione e la fede nella vita di Pierre Fauré hanno avuto successo laddove la scienza si era dichiarata impotente. Marie ritrova la sua umanità, la sua memoria, il suo passato.
Hanno detto dell’autore: «Astro letterario dell’emigrazione». Il Manifesto
«Un autore da riscoprire». La Stampa
«Tra i nuovi classici della letteratura». Panorama
Gajto Gazdanov (1903 – 1971) Di estrazione osseta, nasce a San Pietroburgo ma cresce in Siberia e Ucraina. Nel 1920 abbandona la Russia dopo aver combattuto nelle file dell’Armata Bianca di Vrangel’ e si stabilisce a Parigi, dove per mantenersi lavora negli stabilimenti della Renault e poi come conducente di taxi. Muore nel 1971 a Monaco di Baviera. Fra i suoi romanzi più importanti, tradotti anche in inglese, francese e tedesco, figurano Una serata da Claire (1930), Strade di notte (1940), Il fantasma di Alexander Wolf (1948) e Il ritorno del Budda (1950).
Georges Rodenbach
BRUGES LA MORTA
Traduzione di Catherine McGilvray / collana Le Strade/ pp. 120 ca./euro 15
«Rodenbach è uno degli artisti più assoluti e più preziosi che abbiamo». Stéphane Mallarmé
Uscito nel 1892, il libro fu al momento della pubblicazione uno dei più grandi best-seller del tempo. Dimenticato per gran parte del Novecento, poiché considerato disimpegnato politicamente, il libro venne riscoperto alla fine del secolo scorso e considerato unanimemente dalla critica come “un grande incanto”. Il libro Incapace di superare il lutto per la morte della giovane e bellissima moglie Ofelia, Hugues Viane si trasferisce, insieme ai cimeli della defunta, a Bruges, dove vive nel ricordo e nella nostalgia della donna perduta. Esce di casa soltanto quando si fa buio e passeggia tra le stradine malinconiche della città, che alimentano ulteriormente la sua tenace, invincibile tristezza. Una sera, per caso, incontra una donna, Jane Scott, che sembra la copia esatta della moglie. Con il passare del tempo, però, si rivela molto diversa da lei: capricciosa, irrequieta, futile, amante del lusso e della ricchezza, Jane ha assai poco da spartire con l’anima, la grazia, la dolcezza di Ofelia. E l’insana relazione fra i due, nutrita soltanto di false illusioni, prenderà presto una piega del tutto inaspettata. A oltre un secolo di distanza, questa storia tragica e avvincente mantiene intatta la sua fortissima capacità di suggestione, rivelandosi una lettura indimenticabile. Un libro che sembra sostare a un crocevia, condensando l’immaginazione di un’intera epoca e nello stesso tempo lanciando verso il futuro la sua provocazione fantastica. Il lettore di oggi, nutrito di cinema, potrà riconoscere in Bruges la morta, come sulla lastra di un vecchio dagherrotipo, la stessa atmosfera allucinata di un grande capolavoro di Hitchcock, La donna che visse due volte, che fu ispirato proprio da questo romanzo. Georges Rodenbach Nato a Tournai in Belgio nel 1855, è considerato uno dei più grandi poeti e scrittori belgi di sempre. Visse gli anni della sua piena maturità a Parigi, dove morì nel 1898.
Walter Friedrich Otto
IL VOLTO DEGLI DÈI
Traduzione di Alessandro Stavru/ collana Campo dei Fiori/ pp. 100 ca./euro 15
Venti tesi sull’essenza del mito, sulla civiltà degli antichi e sulla lontananza del divino.
In pagine serrate e profetiche, Otto, uno dei maggiori pensatori tedeschi e storico delle religioni, ripercorre lo sviluppo spirituale dell’Occidente sul filo di parole fondamentali quali Legge, Archetipo e Mito. Il libro Per Otto il prototipo o archetipo dell’essere umano non è la natura intesa come insieme di leggi fisico-psichiche, ma lo Spirito, un mondo che anche se oltrepassa la sfera naturale non la abbandona però mai del tutto, anzi la vivifica e le conferisce una nuova dimensione. Otto indica nella lingua (la lingua come rivelazione spirituale, esclusivamente umana) la chiave per comprendere da una parte l’origine e l’essenza del mito e dell’esserci a questo mondo e dall’altra le modalità effettive del suo apprendimento da parte del bambino. Per capire bene quale sia il suo pensiero e il suo modo di esporlo, riportiamo un brano sul sorriso e sul riso come rivelazione dello spirito: «La prima espressione che nel neonato rivela lo spirito è il sorriso, o il riso. Presso i popoli antichi questo strano fenomeno era il segno prezioso di una natura umana inviolata o ripristinata. Secondo un’antica credenza, il bambino stregato rimane tetro e muto finché non si riesce a farlo ridere; a quel punto nella culla dorme tutt’a un tratto un vero essere umano». Per Otto la lingua umana quando si manifesta nella poesia dei grandi poeti è per eccellenza la lingua dell’incontro tra l’umano e il divino. E il comportamento eticamente giusto non può tanto essere identificato con quello “volenterosamente buono”, quanto con quello “consapevolmente cosciente”, una consapevolezza spirituale mai meramente intellettuale. Per Otto il mito è una “forma dello spirito”, una conoscenza del divino che non è fede, che rinvia comunque ad un’assenza, ma visione, ascolto e presenza diretta del Dio.
Walter Friedrich Otto (1874-1958) Insigne filologo e storico delle religioni è stato uno dei più originali pensatori tedeschi del secolo scorso. Fu amico di Martin Heidegger (insieme hanno curato l’edizione critica dell’opera di Friedrich Nietzsche) con cui condivise la passione per il grande poeta tedesco Friedrich Holderlin e maestro del grande studioso delle religioni Károly Kerényi.