Cati, meter o diari: all’esame i sistemi utilizzati all’estero
Adesso inizia il difficile per la Tavolo editori radio srl, ovvero la nuova società che riunisce tutto il mondo della radiofonia, pubblica, privata e locale, e che dovrà governare la nuova ricerca sugli ascolti, nonché rappresentare su più livelli le istanze della radio, sostenendo, infine, la valorizzazione del mezzo con eventi e promozioni. Difficile perché la società sarà proprietaria della nuova indagine sugli ascolti della radio, e dovrà quindi decidere la metodologia della ricerca. La vecchia Audiradio, cessata nel 2011, costava circa 6 milioni di euro all’anno e adottava due metodologie: l’indagine telefonica Cati e la compilazione dei Diari cartacei. Negli anni successivi alla messa in liquidazione di Audiradio, il mondo in fm ha aderito prima alla indagine effettuata da Eurisko e Ipsos (Cati e meter), pagando circa 4,5 milioni all’anno. E, negli ultimi tempi, ha preferito la sola Cati (quella col meter non sembra essere ancora affidabile), al costo di poco più di due milioni di euro annui. Ma un conto è aderire a una indagine, un conto è essere proprietari dell’indagine.La nuova ricerca, di cui si discusso ieri nella sede milanese della Rai nel corso del primo cda della Tavolo editori radio srl, costerà probabilmente più di due milioni di euro, con un importo che andrà comunque parametrato a un comparto, quello radiofonico italiano, che vale 370 milioni di euro di raccolta pubblicitaria. Metodo prescelto? Ancora presto per prendere decisioni. Ieri, durante il cda, è stato nominato il comitato tecnico (16 membri) e poi si sono esaminate le ricerche sull’audience radiofonica nei vari paesi: in Francia, Spagna e Germania, nazioni molto simili all’Italia, si usa solo il metodo Cati; nel Regno Unito solo i diari; in Svizzera solo il meter; nei paesi scandinavi un mix tra Cati e meter; negli Usa e in Canada, invece, un mix tra diari e meter. Ed è un sistema, quello nordamericano, che piace molto a Massimiliano Montefusco, direttore marketing di Radio Dimensione Suono e consigliere di amministrazione di Tavolo editori radio, «poiché puntiamo a una ricerca che possa recepire l’evoluzione della radio. Un mezzo flessibile, duttile, crossmediale per sua natura, che necessita di una ricerca sugli ascolti che possa intercettare le modalità e la durata di contatto di tutti gli utenti su tutte le piattaforme». Come mai, tuttavia, il mondo della radio, a cinque anni di distanza dalla messa in liquidazione (non ancora completata) di Audiradio, ha sentito l’esigenza di ritrovarsi unito attorno a un tavolo? Uno stimolo forte è arrivato dalla ricerca di base Gfk-Iposos presentata nell’autunno del 2015, e in cui si sottolineava come l’84% degli italiani ascoltasse la radio. Un dato difforme da quello rilasciato da Radiomonitor di Eurisko, che invece attribuisce alla radio un bacino del 66%. Quindi era venuto il momento di cambiare, ma senza replicare il vecchio modello Audiradio, nel quale il peso di Rai e delle associazioni di investitori di pubblicità, agenzie e centri media era ritenuto eccessivo dagli altri editori. Nella Tavolo editori radio ci si ripromette di prendere decisioni all’unanimità, d’amore e d’accordo, lavorando coesi. La carica di presidente e quella di coordinatore del comitato tecnico hanno durata annuale, e sono a rotazione tra uomini Rai (come l’attuale presidente Nicola Sinisi) e uomini dei network privati. Nel caso di ingresso di nuovi soci esterni al mondo della radio (la porta, per esempio, è sempre aperta anche per Upa-Utenti di pubblicità associati), sarà comunque sempre richiesto il pagamento delle quote azionarie rilevate, a differenza di quanto accadeva, invece, nei vecchi sistemi Audi.
ItaliaOggi