Le ultime rilevazioni dell’istituto di statistica confermano un altissimo peso delle tasse in Italia: il 43,5%, un dato leggermente in calo rispetto allo scorso anno ma in rialzo rispetto alla stima precedente
Non accenna a diminuire il carico della pressione fiscale in Italia. Secondo gli ultimi dati dell’Istat, la pressione fiscale del 2015 è al 43,5%, in calo di 0,1 punti su base annua ma in rialzo di 0,2 punti sulla stima precedente. La correzione, spiega l’istituto di statistica, è dovuta alle «risorse affluite dal sistema bancario italiano al Fondo Nazionale di Risoluzione (2,3mld)» nell’ambito del Salva-banche, registrate come «imposte indirette», mentre «i fondi trasferiti dal Fondo stesso per coprire le perdite delle banche commissariate (pari a circa 1,7 mld) sono stati contabilizzati all’interno delle uscite in conto capitale». Se si confronta solo il dato del quarto trimestre del 2015, è stata pari al 50,3%, invariata rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente.
Nel 2015 rapporto deficit/Pil sceso a 2,6%
L’operazione Salva-banche ha portato anche a modificare i valori assoluti, in euro, dell’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni, con un miglioramento di circa 700 milioni (da 43.101 milioni a 42.388 milioni). Nel quarto trimestre 2015 l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil (dati grezzi) è stato pari al 2,2%, risultando inferiore di 0,2 punti percentuali rispetto a quello del corrispondente trimestre del 2014. Lo rileva l’Istat, confermando che complessivamente, nel 2015 il rapporto tra deficit e Pil è stato pari al 2,6%, in diminuzione di 0,4 punti percentuali rispetto a quello del 2014.
Aumenta il potere d’acquisto
In Italia il potere di acquisto delle famiglie consumatrici, ovvero il loro reddito reale, è aumentato nel 2015 dello 0,8%. Si tratta del primo rialzo da otto anni, dal 2007, prima dello scoppio della crisi. Lo rileva l’Istat che però guardando all’ultimo trimestre dello scorso anno registra una flessione della capacità di spesa, almeno a livello congiunturale (-0,7%). La variazione si mantiene invece positiva su base annua (+0,9%). Il dato sul potere d’acquisto tiene conto dell’inflazione che nel 2015 è stata pari allo 0,1%, il tasso più basso dal 1959. Prendendo a riferimento invece il dato corrente, il reddito lordo disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato dello 0,9% lo scorso anno, registrando nell’ultimo trimestre dell’anno una riduzione dello 0,6% rispetto al trimestre precedente e un aumento dell’1,1% rispetto al corrispondente periodo del 2014. Quanto agli investimenti fissi lordi delle famiglie consumatrici, nel 2015 sono aumentati dello 0,5% e il tasso di investimento (definito dal rapporto tra investimenti fissi lordi delle famiglie consumatrici, che comprendono esclusivamente gli acquisti di abitazioni, e reddito disponibile lordo) è rimasto stabile, rispetto al 2014, al 6,2% (nel quarto trimestre è stato pari al 6,2%, in rialzo di 0,1 punti a livello congiunturale, restando invariato su base annua).
La doppia lettura
Dati, quelli sul potere d’acquisto, che hanno come spesso accade una doppia lettura. Da una parte, i deputati del Pd, che esultano, vedendoli come un successo del governo.
Esplora il significato del termine: Non accenna a diminuire il carico della pressione fiscale in Italia. Secondo gli ultimi dati dell’Istat, la pressione fiscale del 2015 è al 43,5%, in calo di 0,1 punti su base annua ma in rialzo di 0,2 punti sulla stima precedente. La correzione, spiega l’istituto di statistica, è dovuta alle «risorse affluite dal sistema bancario italiano al Fondo Nazionale di Risoluzione (2,3mld)» nell’ambito del Salva-banche, registrate come «imposte indirette», mentre «i fondi trasferiti dal Fondo stesso per coprire le perdite delle banche commissariate (pari a circa 1,7 mld) sono stati contabilizzati all’interno delle uscite in conto capitale». Se si confronta solo il dato del quarto trimestre del 2015, è stata pari al 50,3%, invariata rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente.
L’Istat certifica che il potere d’acquisto delle famiglie aumenta dello 0,8% su base annua…era dal 2007 che non cresceva!! Avanti così!
— Alessia Morani (@AlessiaMorani) 4 aprile 2016
Fiduciosa anche la Coldiretti, che sottolinea come l’aumento del potere d’acquisto spinga la spesa alimentare, che torna a crescere dopo sette anni con una significative inversione di tendenza. A crescere maggiormente – precisa la Coldiretti – sono gli acquisti di bevande, dall’acqua (+9%) alla birra (+6%) ma anche prodotti come gli oli di oliva, il pesce (+4,8%) e gli ortaggi e frutta freschi (+2,5% e +4,7%) che sono alla base della dieta mediterranea. Dall’altra, c’è la cautela delle associazioni dei consumatori. «Il potere d’acquisto non poteva che aumentare, dopo anni di continua diminuzione che hanno fortemente impoverito le famiglie – spiega il presidente dell’associazione, Carlo Rienzi – tuttavia l’incremento dello 0,8% è ancora insufficiente a colmare l’enorme gap con il passato: dal 2007 al 2014, infatti, il potere d’acquisto degli italiani è calato del -12%, e i consumi nello stesso periodo si sono ridotti per un importo pari a -80 miliardi di euro. Ciò significa che di questo passo ci vorranno almeno 15 anni per tornare ai livelli di potere d’acquisto pre-crisi». Parlano di «ottimismo fuori luogo» Federconsumatori e Adusbef: «Basterebbe pensare a quanto spendono le famiglie per mantenere figli e nipoti disoccupati, per capire in quali condizioni realmente si trovano i loro bilanci: 400 -500 euro al mese».
di Valentina Santerpia, Il Corriere della Sera