Operazione antiassenteismo nel Catanese: un dipendente su 10 sorpreso dalle telecamere. Tre ai domiciliari, dodici con obbligo di firma, gli altri a piede libero. Il sindaco: “Punizioni severe”
Blitz antiassenteismo al comune di Acireale da parte della polizia e della questura di Catania guidata da Marcello Cardona. Sono 62 (su oltre 600) i dipendenti comunali finiti nel mirino della magistratura per avere utilizzato impropriamente il badge personale per attestare falsamente la loro presenza in servizio nel luogo di lavoro. Gli agenti del commissariato di Acireale, doctor grazie all’utilizzo di telecamere nascoste, hanno scoperto che molti di loro utilizzavano tesserini magnetici di altri che invece non erano in servizio. Dei 62 indagati, tre sono stati arrestati e ammessi ai domiciliari, per dodici il gip del tribunale di Catania che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare ha disposto l’obbligo di firma, gli altri invece risultano indagati a piede libero. La polizia ha accertato che un impiegato ha timbrato il cartellino per altri cinque suoi colleghi. I riscontri dalle strisciate dei badge e dalla presenza negli uffici. Il gip Giovanni Cariolo ha deciso gli arresti domiciliari per i tre impiegati più assenteisti, che hanno accumulato più ore di assenza per avere fatto vidimare il proprio badge ad altri colleghi. L’inchiesta è stata coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica Pasquale Pacifico.
Amareggiato il sindaco di Acireale, Roberto Barbagallo. “Un sindaco – spiega – non può cogliere con piacere una simile notizia, ma bisogna essere severi nei confronti di coloro che adottano atteggiamenti che vanno contro la pubblica amministrazione. Attenzione a non fare di tutta l’erba un fascio, ciò nel rispetto dei dipendenti del comune di Acireale che giornalmente svolgono il loro dovere. Saremo rigorosi nell’applicare le leggi vigenti di competenza dell’amministrazione comunale previste per questo genere di reati, Ci costituiremo parte civile negli eventuali procedimenti penali e confermiamo fin da ora la massima collaborazione con la Procura etnea e le forze dell’ordine, a cui forniremo subito tutti gli atti in nostro possesso necessari per le indagini. Confido nell’azione della magistratura e spero che gli impiegati coinvolti possano trovare ragioni per giustificare i fatti contestati”.
Erano tanti i furbetti del cartellino al Comune di Acireale: c’era il timbratore seriale, poi c’era il timbrato, colui che affidava il proprio badge al timbratore. L’organizzazione era ben consegnata, a tal punto da garantire un turnover a chi aveva il compito di ‘beggiare’ per sé e per gli altri. Tra i ‘beneficiari’ dell’inganno c’era chi entrava in ritardo, c’era chi se ne andava a casa prima e addirittura chi a lavorare non ci andava. Sono state le lamentele di cittadini che hanno trovato gli uffici vuoti, a far scattare l’indagine del commissariato di Acireale coordinata dai sostituti Pasquale Pacifico e Marco Bisogni.
E così per 12 giorni le telecamere nascoste, sino quando un impiegato non se ne è accorto, hanno dato un volto agli impiegati assenteisti, per tre di loro, il funzionario del’ufficio tributi Orazio Mammino e per due dipendenti Mario Primavera e Venera Lizio sono scattati gli arresti domiciliari, per altri dodici invece il gip ha imposto l’obbligo di firma (Antonio Grasso, Mario Cocilovo, Giuseppe Galvagno, Carmelo Di Bartolo, Carmelo Amore, Pietro Currò, Anna Maria Anastasi, Teresa Messina, Orazio Musmarra, Pietro Valerio, Salvatore e Santo Trovato), 47 gli indagati a piede libero, 62 in tutto dunque gli impiegati indagati un numero rilevante se si considera che nel plesso comunale di piazza San Cosmo vi lavoravano in 240. Uno su quattro in pratica faceva il furbetto. Alto il numero di ore non lavorate per un notevole danno all’erario: su una ottantina di ore alcuni ne avrebbero fatte solo il 50 per cento. L’accusa per tutti è di truffa ai danni di un pubblico impiego e che riguarda il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza
o con altre modalità fraudolente. Gli investigatori della polizia sono riusciti ad individuarli grazie alla comparazione tra le strisciate che compravano la presenza e la inevitabile assenza certificata dalle telecamere nascoste.
L’inchiesta potrebbe non essersi conclusa con i provvedimenti di oggi: la procura di Catania sta valutando se perseguire anche i funzionari che in qualche modo potrebbero essere responsabili delle assenze dei loro dipendenti.
di Natale Bruno “Repubblica”