Wall Street chiude pesante zavorrata dalle compagnie petrolifere e adesso la Fed potrebbe decidere di non toccare più i tassi per tutto il 2016. Il governatore della Bank of Japan promette di fare tutto il necessario per contrastare la deflazione, ma i mercati non si fidano. Spread in rialzo, il greggio torna sotto quota 30 dollari al barile
Il petrolio zavorra Wall Street e affonda Tokyo che chiude la seduta in calo del 3,15% nonostante l’intervento della Bank of Japan che venerdì ha portato in negativo i tassi d’interesse. I listini però non sembrano fidarsi delle parole del governatore Haruhiko Kuroda che allineandosi al celebre whatever it takes (qualunque cosa sia necessaria) di Mario Draghi ha detto: “Quanto abbiamo messo in campo non è sufficiente, servono nuovi strumenti e non vedo limiti in questo senso”. A sostegno della ripresa – o meglio contro il rallentamento dell’economia globale – è intervenuta anche la Banca centrale cinese con una misura atta a facilitare l’accensione dei mutui: le banche potranno erogare prestiti fino all’80% degli immobili contro il precedente 75%. E proprio grazie alle mosse di Pechino, Kuroda prevede una crescita stabile dell’economia cinese ritenendo, inoltre che possano essere introdotte utlriori misure di stimolo fiscale e monetarie. Il governo cinese stima per il 2016 una crescita del proprio Pil nel 2016 tra il 6,5% e il 7%, mentre oggi l’indice Pmi servizi è tornato a salire ai massimi da luglio. I timori sulla crescita globale e l’eccesso di produzione, però continuano a condizionare il prezzo del petrolio che scende di nuovo sotto la soglia psicologica dei 30 dollari al barile: il timore è che le scorte negli Usa si rafforzino aggravando la sovrasaturazione del mercato, inoltre aumentano i dubbi sulla capacita dei paesi Opec e non Opec di arrivare a un accordo sulla riduzione della produzione. Negli Stati Uniti alcuni analisti non escludono che la Fed decida di non rialzare più il costo del denaro per tutto il 2016. Le Borse del Vecchio continente restano dunque prudenti e contrastate: Milano cede l’1% sui minimi dal 2014 con Mps che guida i ribassi sul fondo del listino milanese, mentre soffre ancora Ferrari dopo i conti pubblicati ieri. In difficoltà anche le altre Piazze del Vecchio continente: Londra cede lo 0,1%, Francoforte lo 0,4%, mentre Parigi perde lo 0,7%. Lo spread tra il Btp a dieci anni e il Bund tedesco sale a quota 122 punti base con il rendimento del bond decennale italiano sul mercato secondario pari all’1,52%. Proprio il contenimento dei tassi d’interesse ha permesso al Tesoro di registrare un miglioramento dell’avanzo a gennaio, anche se il clima politico intorno ai conti pubblici è surriscaldato dalle polemiche tra Roma e Bruxelles su flessibilità e migranti, in attesa che domani la Commissione Ue pubblici le nuove stime economiche sui paesi del Vecchio continente. L’euro è stabile in area 1,09 dollari. Ieri sera Wall Street ha chiuso in forte calo con il Dow Jones che ha perso l’1,8%, l’S&P 500 l’1,87% e il Nasdaq il 2,24%. Non hanno aiutato le trimestrali deludenti da parte di due dei principali gruppi petroliferi al mondo. L’americana Exxon Mobil (-2,23%) ha registrato utili in calo del 58% e per la prima volta in 16 anni e ha dovuto sospendere il piano di riacquisto di azioni proprie. La rivale britannica Bp (-8,45% al nyse) nel 2015 ha registrato la più grande perdita annuale da oltre 20 anni. I conti delle due aziende sono arrivati dopo quelli di lunedì scorso di Chevron (-4,75%), che aveva annunciato la prima perdita trimestrale dal 2002. Sul fronte macroeconomico la giornata non presenta eventi di rilievo al netto della rilevazione degli indici Pmi servizi all’interno dell’eurozona, mentre negli Stati Uniti si guarda soprattutto alla nuova stima di occupati nel settore privato rilevata da Adp.
di Giuliano Balestreri “Repubblica”