di Stefania Miccolis
Nel 1998 è uscita dopo quarant’anni la seconda edizione (Einaudi) del romanzo “La gelosia” di Alain Robbe-Grillet, treat con la traduzione prefazione e postfazione – un commento che spiega i dettagli di una storia che bisogna rileggere più volte per comprenderla – di Franco Lucentini.
Un romanzo che sembra appartenere al genere poliziesco tanto è pieno di indizi, suspense, e minuziose descrizioni. Si svolge ai tropici. in una piantagione di banane e la vicenda ruota attorno a pochi personaggi: una moglie il cui nome è solo una A. puntata, rx un vicino di piantagione Franck, un boy che aiuta nella casa, e il vero protagonista che anche se assente è onnipresente e onnisciente, è il narratore silenzioso; la sua presenza è solo deducibile da rari riferimenti come i numeri di posti a tavola o le sedie a sdraio in veranda. È lui che dà il titolo al libro “la gelosia” in quanto osservatore ossessivo e sospettoso della relazione fra sua moglie e il vicino di casa.
Un romanzo particolare, in cui l’asse spazio temporale è completamente stravolto rispetto all’impostazione classica, tanto che il lettore ci mette un po’di tempo prima di addentrarsi e percepire tutte le sensazioni. Sembra quasi di assistere a delle allucinazioni in cui non si distinguono i momenti di osservazione da quelli dei sospetti; ci si ritrova quasi sempre nello stesso vortice, nella stessa descrizione minuziosa e geometrica dei luoghi, delle stanze, delle posizioni assunte dai personaggi. Ci sono sempre gli stessi animali da schiacciare sui muri, le poltrone, gli incontri continui di A. con Franck, i bicchieri di vino tenuti nell’una o nell’altra mano, i dialoghi quasi privi di interesse e spesso forzati per allungare i momenti per stare insieme, i viaggi in macchina il cui motore si rompe facilmente a causa del territorio impervio; poi quell’atto di pettinarsi i capelli di A. gesto così femminile e così sexy, quei bellissimi capelli i cui riccioli quasi scolpiti cadono sul viso. A vedere tutto ciò nei minimi particolari con descrizione metodica e geometrica è proprio il narratore silenzioso, che esprime così la sua interiorità e psicologia, e il lettore viene avvinto da un senso di angoscia e di ansia, di attesa, di presentimenti o di sospetti, quelli che si provano nella gelosia. C’è un gioco di parole in cui si cade, quello delle “gelosie” (persiane) con la “gelosia”; quest’ultima non si nomina mai, la si sente, e la si riconosce proprio dagli occhi del marito attraverso queste persiane a forma di grata con fessure, e che si abbassano e si alzano specie per mano della bella A.. Tramite lareiterazione delle descrizioni, dei dettagli, degli sbalzi spazio temporali, il lettore ricostruisce i vari tasselli della storia e delle emozioni . Si rimane sospesi, in attesa che qualcosa possa accadere, accada, sia già accaduta. Non si riesce sempre bene a capire il momento e il luogo, ma si rileggono le medesime frasi e si rivedono le identiche scene.
Non esiste un vero finale conclusivo, il romanzo potrebbe continuare all’infinito con i suoi giri concentrici e ci sono sempre A. e Franck che continuano a trovare il pretesto per vedersi e per parlarsi.
Quando il libro è uscito non ha avuto molto successo. Questo arriverà più tardi, verrà tradotto anche in inglese da Richard Howard; è considerato il romanzo migliore di Robbe-Grillet.
STEFANIA MICCOLIS