Sarà il Pontefice e non il governo a nominare i prelati delle sedi vacanti. E’ la prima volta dalla rottura delle relazioni diplomatiche fra i due Stati
L’annuncio è pronto, thumb probabilmente già sulla scrivania del Papa. In Vaticano non nascondono la soddisfazione. Perché, per la prima volta dalla rottura delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Repubblica Popolare, sarà il Pontefice a nominare i nuovi vescovi (probabilmente tre) di sedi vacanti in Cina. Questo il frutto di un intenso, quanto discreto lavoro diplomatico iniziato tra grandi diffidenze e difficoltà sotto Benedetto XVI e proseguito con passo più spedito dall’elezione di Francesco. Più volte nel corso degli ultimi anni, buy delegazioni pontificie sono state accolte a Pechino e inviati dell’Impero Celeste hanno fatto la loro comparsa al di là delle mura vaticane. L’ultima trattativa risale alla scorsa settimana. Due giorni in cui i rappresentanti delle due parti hanno affrontato con un pragmatismo condiviso dalla tradizione gesuita e da quella cinese le questioni aperte: dalla più semplice a quella più complessa. Per ora, fanno sapere in Vaticano, è stato convenuto di risolvere un’annosa questione riguardo la nomina dei vescovi, come noto prerogativa del Papa cui i nuovi pastori devono obbedienza. Il risultato convenuto sarebbe questo: Pechino sottopone al Vaticano una lista di nomi «graditi» e tra questi il Pontefice identifica e annuncia il nome prescelto.
La Chiesa Patriottica Il passaggio, al di là delle apparenze, è decisivo. Perché quando i rapporti erano più freddi, se non ostili, era la Chiesa Patriottica, ovvero l’organizzazione ufficiale dei fedeli cattolici dipendente dal governo di Pechino, a scegliere e nominare i vescovi senza nemmeno consultare la Sante Sede. A suo tempo, Giovanni Paolo II aveva ricordato come i pastori così scelti si sarebbero dovuti considerare automaticamente scomunicati. Più di recente, il riavvicinamento tra Vaticano e Impero Celeste aveva portato a un meccanismo (tacito) più accettabile per Roma: la Chiesa Patriottica avrebbe scelto i nuovi vescovi da una rosa gradita in San Pietro. Un processo che aveva portato Benedetto XVI, dopo alcune asperità, a dichiarare che la «quasi totalità» dei vescovi nominati in Cina «sono ormai in comunione piena con la Santa Sede». Ora il meccanismo si ribalta. E, punto nodale, non è qualcosa di semplicemente «tollerato» (perché male minore) ma il frutto di un accordo raggiunto e accettato da entrambe le parti in causa. Inoltre non è che il primo di una serie di passi (aperture?) che i più ottimisti inseriscono in un percorso che si concluderà entro la fine di quest’anno con l’annuncio della ripresa ufficiale delle relazioni diplomatiche, sessanta e più anni dopo la fuga da Pechino (1952) del Nunzio Apostolico.
Il «nodo» Taiwan Contemporaneamente, il Vaticano dovrà ritirare il suo riconoscimento a Taiwan, «conditio sine qua non» imposta da Pechino a chiunque voglia inviare un ambasciatore sotto la Grande Muraglia (sono 23, al momento, compresa la Santa Sede, i Paesi che hanno relazioni con l’«isola ribelle» e non con la Madre Patria).
In Cina nel 2017? Dunque non è impossibile immaginare, forse nel 2017, un viaggio di papa Francesco in Cina, un viaggio che cambierebbe la Storia della Chiesa e dell’Asia: mai un Pontefice ha potuto mettere piede sul suolo del Paese di Mezzo. Ad attendere questo momento, i 4 milioni di cattolici iscritti nell’Associazione patriottica cinese (insomma, la Chiesa di regime) e, soprattutto, i 16 milioni di seguaci della Chiesa clandestina, fuori legge e ufficialmente «sovversiva» perché da sempre fedele a Roma.
È proprio questo il nodo più difficile da sciogliere: la questione della fedeltà a un «governo straniero», considerata cosa empia nella Repubblica Popolare, fondata da Mao sulle ceneri di un Paese che era stato preda per secoli delle mire colonialiste delle Potenze Occidentali e non solo. Ma, se è corretto quanto trapela, e cioè che entro fine anno tutto sarà sistemato, è lecito ritenere che anche questa (spinosa) questione è stata affrontata. E qualcuno ha suggerito come superarla.
di Paolo Salom “Corriere della Sera”