Parla Gilberto: “Gran parte degli asset di Edizione è in casa. Autostrade ha il 90% dei ricavi in Italia, no rx Adr è italiana, solo Autogrill ha una forte presenza all’estero. A questo punto è necessario diversificare ed equilibrare”
di PAOLO POSSAMAI, affari e finanza
TREVISO – Quando Gilberto Benetton dice che “c’è da non dormire la notte” pensando a come investire 1,6 miliardi di liquidità, sta scherzando. Ma poi si fa serio, perché in effetti la cifra da sola indica il cambio di mentalità che i fratelli di Ponzano Veneto devono applicare nel perseguire il business del futuro. Con la sottolineatura di una parola leitmotiv valida per le strategie della holding e di ogni controllata e partecipata: internazionale.
“Stiamo esaminando progetti e alternative – dice il presidente di Edizione, la cassaforte di famiglia – in un’ottica di internazionalizzazione e di crescita, tenendo a mente che l’equilibrio negli investimenti e la ripartizione del rischio si coniuga sempre con un approccio imprenditoriale e una solida disciplina finanziaria. Raggiunte certe dimensioni è per noi necessario che la holding assuma una struttura simile, in un certo senso, a quella di un fondo sovrano, con un management forte e un’analisi delle opportunità di investimento a livello mondiale”. Il tutto quando il Nav di Edizione, anche per via della scissione tra Autogrill e Wdf e della fusione tra Atlantia e AdR, ha raggiunto il suo massimo storico a quota 11 miliardi, raddoppiato negli ultimi 5 anni.
La parola d’ordine “Internazionalizzazione” implica un giudizio negativo sull’Italia e sulle sue prospettive?
“Nient’affatto. Abbiamo attraversato la più devastante crisi dal dopoguerra e il peggio deve essere passato, e sottolineo deve perché questo dipende anche da noi. Vediamo timidi segnali di ripresa nel mercato interno, anche negli scontrini di Autogrill e Benetton e nei pedaggi autostradali. Sono convinto che il processo di riforme intrapreso dal premier Renzi con il suo governo vada nella giusta direzione anche per ridare fiducia agli imprenditori e al Paese, che inizia a attrarre investimenti. Segnale molto positivo, che non avvertivamo da tanto tempo. Serve lavorare su corruzione e burocrazia, che sono disincentivi spaventosi”.
Quale ruolo vuole avere Edizione nel contesto italiano?
“Gran parte degli investimenti di Edizione sta in casa. Autostrade ha il 90% dei ricavi in Italia, AdR è italiana anche se ha grandi flussi di passeggeri dall’estero. Autogrill è un caso un po’ anomalo con la sua forte presenza internazionale. Dobbiamo diversificare e equilibrare. La nostra è una holding attiva come poche in Italia. Noi facciamo e continueremo a fare tre mestieri. Non dobbiamo però andare oltre. Nelle nostre prospettive ci sta dunque di non gestire direttamente altri settori. I nuovi investimenti avranno un approccio finanziario di lungo termine, sempre industriale. Su scala internazionale”.
Uno dei tre mestieri cui fa riferimento si chiama Autogrill, da cui di recente avete scisso Wdf per venderla. Quale strategia da qui in avanti per Autogrill?
“Cominciamo dicendo che senza acquisizioni cresceremmo comunque, ma non siamo capaci di stare fermi e dunque guardiamo a nuove opportunità. Autogrill è una società leader nel mondo, un esempio di eccellenza italiana costruita nel tempo da management e azionisti che, dopo lo scorporo con World Duty Free, è ora più libera di concentrarsi su una strategia di crescita che da un lato proseguirà quanto fatto sino ad ora in campo internazionale, e penso in particolare al settore Food&Beverage aeroportuale che oggi pesa per oltre 50% dei ricavi, dall’altro sperimenterà anche concept come Bistrot per portare l’idea del prodotto di qualità al giusto prezzo anche all’estero. A fianco di questa crescita organica pensiamo sempre, e non da oggi, a una possibile aggregazione, non solo con società in concessione ma più in generale con grandi società di ristorazione nel modo. Per questa idea servirà comunque tempo, non è una cosa né semplice né che si organizza in pochi mesi, come ha dimostrato l’esperienza di Wdf. Autogrill ha poi avviato un ridisegno della presenza nel canale autostradale italiano e sta proseguendo la ridefinizione del perimetro di attività attraverso rinnovi selettivi nelle autostrade dove, dopo anni di stagnazione, vediamo qualche segnale di ripresa del traffico”.
A proposito di autostrade, rispetto a Atlantia quali progetti state coltivando su scala italiana e internazionale?
“Atlantia si muove lungo due direttrici. La prima sta nel proseguire i piani previsti in Italia. Parliamo di un programma di investimenti nelle grandi opere autostradali per oltre 20 miliardi di euro (quasi metà dei quali già realizzati alla fine del 2014) e di investimenti complessivo per oltre 11 miliardi di euro su Aeroporti di Roma, con l’ambizione di costruire un hub aeroportuale internazionale leader nel bacino del Mediterraneo. Dobbiamo tenere bene a mente che sia la Turchia che Parigi prevedono ampliamenti aeroportuali per accogliere 100 milioni di passeggeri, dunque la concorrenza si fa forte e AdR vuole essere della partita. Il secondo fronte è l’internazionalizzazione della società. Atlantia ha un management molto buono e l’azionista supporterà in pieno gli ambiziosi progetti che la società propone sia nelle autostrade che negli aeroporti”.
Siete interessati a rilevare concessioni autostradali anche in Italia?
“Non siamo interessati a alcun concessionario, inclusa la Serenissima Brescia-Padova. Abbiamo già tanti investimenti in corso. L’importante è che ci sia chi gestisce bene le autostrade, come farà Abertis con Serenissima. L’italianità è secondaria. Noi cerchiamo opportunità all’estero, rispettiamo che lo stesso atteggiamento lo abbiano anche investitori stranieri in Italia”.
E per Atlantia avete programmi di espansione all’estero? Nel passato avevate coltivato India, Polonia, Russia, Usa e Sud America.
“Stiamo vagliando opportunità per arrivare a raddoppiare la nostra rete in Brasile, che oggi vale 1.600 chilometri. In Cile stiamo facendo investimenti per 300-400 milioni in nuove infrastrutture. Riguardo a Russia e Polonia, tutto fermo. In India abbiamo una piccola presenza, non escludiamo che possa evolvere dato che ci sono privatizzazioni in corso. Ma in generale, dato che nel mondo il traffico autostradale cresce poco, mentre gli aeroporti anche in prospettiva sono al centro di un forte sviluppo, ne deriva che privilegeremo tale secondo versante”.
Arriviamo al terzo “mestiere” di Edizione, che porta il nome di famiglia, e che nel 2015 è in pieno un cantiere.
“Il 2015 si è caratterizzato innanzitutto per la cessione di World Duty Free alla svizzera Dufry, decisione presa a fronte di un settore, quello del travel retail, dove i rapidi processi di consolidamento internazionale in atto imponevano di essere aggregatori o aggregati. Dufry in questo senso era più avanti di noi. L’altro elemento di spicco è stata la scissione di Benetton Group dalla parte industriale e da quella immobiliare, al fine di focalizzare le attività del settore abbigliamento e costruire le basi al progetto complessivo di rilancio della crescita e della redditività dell’azienda. Il punto di minima lo abbiamo già superato con i dati 2014. Ma la modifica di una catena di 4-5mila negozi, di cui 500 di proprietà e gestione diretta, richiede tempi lunghi. Il processo è avviato e se ne avvertono i benefici. Per cogliere i frutti ci vorrà ancora qualche anno. Anche per il 2015 il bilancio non sarà positivo, ma migliorativo. Si vede la crescita, perché siamo più concentrati”.
Da Benetton Group sono stati scorporati anche gli immobili. Come intendete valorizzare questo investimento?
“Dalla fusione tra tutti gli immobili di Benetton Group e di Edizione deriva una entità davvero importante, con proprietà di immobili commerciali nei più bei punti delle principali città internazionali, da Mosca a Venezia per fare due esempi. La nuova Edizione Property sarà attiva da inizio 2016. Benetton Group per i propri negozi avrà in affitto il 60-70% degli immobili. Nel panorama dei nostri investimenti ci starà anche un ulteriore sviluppo immobiliare. Ci stiamo già muovendo per valutare acquisizioni, ma anche per la vendita di immobili non strategici, concentrandoci sulle piazze più importanti”.
Fuori dal perimetro storico state valutando in Italia nuovi investimenti, per esempio per le banche popolari?
“Mi rifiuto di considerare oggi la questione fusioni e aggregazioni per le popolari, aspettiamo maggiore chiarezza. Il settore bancario ha specificità lontane dalla nostra storia, anche se in passato qualcosa è stato fatto ma più in ottica territoriale. Non ci vedo chiaro e io investo solo in business di cui vedo prospettive. Mi appare più leggibile l’ambito industriale”.
State valutando di investire parte della liquidità in aziende industriali?
“Siamo pronti a entrare in aziende industriali, ne stiamo guardando, ma non da soci di maggioranza. Anche in Italia. Ci sono tante belle aziende da 300-400 milioni di fatturato prettamente internazionali, con forte visione e propensione all’export”.
Qui torniamo alla struttura di Edizione e alla capacità di selezionare e poi seguire tanti profili di investimento, anche a carattere internazionale.
“Accanto a una squadra di manager di prim’ordine nelle controllate come Castellucci per Atlantia, Tondato per Autogrill, Airoldi per l’abbigliamento, abbiamo rafforzato impianto e competenze di Edizione. Senza discontinuità e senza traumi. Gianni Mion, che è con noi da trent’anni, è vicepresidente operativo. Che poi faccia altre cose fa parte degli accordi. Carlo Bertazzo da direttore generale è il futuro, grazie anche al rafforzamento della squadra”.