(di MARIA NOVELLA DE LUCA, sickness Repubblica) La disparità sugli stipendi regala agli uomini un vantaggio di due mesi. La popolazione femminile dell’Europa è avvisata: fino a Capodanno non c’è salario. Perché il gap fra le retribuzioni dei due sessi è ancora considerevole Così, stuff traducendolo in tempo, ci sono 59 giorni regalati. Per non parlare delle mancate assunzioni, delle carriere ferme e dei ricatti sulle gravidanze. Gratis. Sembra incredibile, ma è così. Da oggi, più o meno, le donne in tutta Europa lavoreranno gratis. Non è uno scherzo, lo dice la Ue. È il paradosso (globale) della differenza di salari tra maschi e femmine. Una beffa del calendario della vita. Il “gender pay gap” calcolato non soltanto in denaro ma in giorni e ore. Gli stipendi delle donne sono così inferiori rispetto a quelli dei maschi, che a parità di incarichi e ruoli, è come se da oggi le lavoratrici smettessero di essere pagate, mentre i colleghi uomini continueranno ad avere in tasca lo stipendio. E di certo fa effetto a “contarla” così la differenza, ossia quel 16,3% che nella media europea separa i guadagni maschili da quelli femminili. Perché tradotti in “tempo” (cioè vita, carriera, affetti, figli, famiglia) fanno esattamente 59 giorni gratis, così ha calcolato la Ue per celebrare (amaramente) “l’Equal Pay Day”, il giorno dell’eguaglianza dei salari.
Un giorno che sembra lontanissimo a giudicare dai dati europei, a dispetto di quote rosa, supermanager strapagate, ma anche dell’esercito crescente di donne capofamiglia, “breadwinner”, cioè uniche portatrici di reddito negli anni bui della crisi. In Italia, a sorpresa, il “gender pay gap”, appare più basso che nel resto d’Europa, con retribuzioni femminili inferiori del 7,3% rispetto a quelle maschili. Si tratta però di una statistica ingannevole, come hanno rilevato più osservatori (Istat, Isfol, Banca d’Italia), che non tiene conto della bassa occupazione femminile del nostro paese, cioè al di sotto del 50%, in particolare al Sud, dove una donna su due non lavora. E il vero gap made in Italy sfiorerebbe addirittura il 20% di differenza. Dove tutto questo vuol dire, anche, donne ricattate, dimissioni in bianco, giovani licenziate perché incinte.