L’Itu (International Telecommunication Union) ha costituito la Commissione Onu sulla banda larga la quale, in collaborazione con l’Unesco, ha misurato il digital divide a livello globale. Sono 121 i Paesi in cui si viaggia verso la saturazione del mercato, incluso quello mobile, che potrà però essere rinvigorito con il diffondersi della tecnologia Lte. Entro la fine dell’anno in corso si raggiungerà la cifra di 7 miliardi di abbonamenti mobilisottoscritti, sul piano statistico quasi uno per abitante. Entrando però nell’area dei 48 Paesi meno ricchi le persone connesse alla rete sono il 10%, questo basta a sballare ogni statistica e basta a decretare il fallimento di quei progetti tesi a fare in modo che il 60% della popolazione mondiale sia connessa a internet entro la fine del 2015; l’obiettivo è stato posticipato al 2021. Parlando di persone e non di abbonamenti sottoscritti, entro la fine del 2015 saranno 3,2 i miliardi di individui che avranno accesso a internet (contro i 2,9 miliardi del 2014), ciò significa che la rete è un lusso per quasi il 60% della popolazione mondiale(poco più di 4 miliardi di persone). In altri termini la penetrazione di internet nei Paesi (più)sviluppati è dell’82% mentre nelle aree in via di sviluppo è del 34%. Anche il passo sta diminuendo: quest’anno il ritmo con cui cresceranno gli accessi a internet si assesterà attorno all’8,1%, in calo rispetto all’8,6% del 2014 e in forte calo rispetto al 2012, ultimo anno in cui si è registrata una crescita superiore al 10%. Stiamo quindi assistendo alla crescita di un mondo ulteriormente suddiviso dal digital divide, che andrà colmato sia per quanto riguarda le connessioni fisse sia per quelle mobili, tenendo conto anche degli aspetti linguistici: oggi sul web sono trasposte, in parti disomogenee, solo il 5% dei 7.100 idiomi esistenti. È ovvio che non potranno essere create risorse per ognuna delle lingue usate sul pianeta, ma il 5% tende a escludere fette consistente di popolazioni. C’è anche la questione legata al sesso: nei Paesi in via di sviluppo e soprattutto nella fascia subsahariana, le donne tendono a connettersi molto meno degli uomini. I progetti intesi a portare internet ovunque nel mondo, ad esempio Loon di Google e Internet.org di Facebook (poi ridimensionato) e, non da ultimo, quello voluto dalla stessa Itu e battezzato Rbs, vanno incentivati e sostenuti, proprio per evitare che un’altra barriera distanzi gli antipodi del Pianeta. Se il mondo è ammalato, l’Italia non è esattamente sana. In questo caso il documento di riferimento è il consueto rapporto con cui Akamai misura lo stato della rete a livello mondiale. Per quanto riguarda lo Stivale il secondo trimestre del 2015 mostra le dolenti note della velocità di connessione. I dati, in generale, parlano di crescita, ma la velocità di connessione ci vede in 54esima posizione al mondo e in 23esima tra i paesi Emea (Europa, Medio Oriente e Africa). I capitoli banda larga e banda ultra larga evidenziano il nostro ritardo, fiduciosi però che il piano previsto dal Governo e per il quale verranno stanziati 12 miliardi di euro riuscirà a migliorare il quadro attuale che sorride, di fatto, solo alla banda larga (le connessioni a più di 4 Mbps) che risulta in crescita del 13% rispetto ai primi sei mesi del 2014 e che raggiunge una copertura del 70%. Per quanto riguarda invece la banda ultra larga (più di 10 Mbps) facciamo parte del triangolo in cui il tasso di penetrazione non supera il 10%. Noi fermi all’8,7% (in crescita del 35% rispetto allo stesso periodo del 2014) e, a completare la figura geometrica, Turchia e Sud Africa. In Itala le connessioni ad almeno 15 Mbps sono il 3%, anch’ esse in crescita del 17% rispetto al periodo precedente.
(Wired)