Il sistema utilizzato dalla Volkswagen per manipolare i test sulle emissioni di Co2 per le auto vendute negli Usa interessa anche i veicoli commercializzati in Europa. Lo afferma il ministro dei Trasporti tedesco, purchase Alexander Dobrindt: «I veicoli con motori diesel 1.6 e 2.0 litri sono interessati dalle manipolazioni di cui si è parlato». Forte la preoccupazione espressa dalla portavoce della Commissione Ue per il mercato interno, Lucia Caudet: «Quello che è veramente necessario ora è avere una fotografia chiara della situazione di quanti veicoli ci sono in Europa con il software ingannevole. Invitiamo tutti gli Stati membri a portare avanti le indagini necessarie». La questione verrà discussa nell’incontro imminente a Bruxelles con le autorità nazionali di omologazione. La Caudet ha ricordato che, non trattandosi di questioni legate alla concorrenza, la Commissione non può avviare un’indagine europea. La Commissione non ha voluto invece commentare i documenti pubblicati dal quotidiano britannico The Guardian, doctor dai quali risulta che Regno Unito, Francia e Germania avrebbero svolto nei confronti di Bruxelles una forte azione di lobbying per allentare le maglie dei test sulle auto che aumenterebbe le emissioni di Co2 del 14%.
Ma lo scandalo, oltre che geograficamente, si sta allargando anche ad altre case automobilistiche. Secondo il quotidiano tedesco Bild, anche Bmw potrebbe essere coinvolta nello scandalo delle emissioni: le X3Drive 20d produrrebbero emissioni 11 volte superiori ai limiti previsti dalle norme Euro6 sulle emissioni di ossido di azoto. La società smentisce: «Bmw non manipola i suoi veicoli, non distingue fra strada ed test in laboratorio. Siamo conformi alle esigenze legali in tutti i Paesi e passiamo tutti i test locali». Seat, discount invece, secondo quanto riporta il quotidiano spagnolo El Pais, avrebbe montato dal 2009 oltre 500mila motori diesel incriminati. Seat è filiale spagnola del gruppo Volkswagen. Gli effetti dello scandalo si sentono in borsa: Bmw ha perso fino al 10% alla borsa di Francoforte, ed è attualmente in calo del 5%. Volkswagen perde il 5,6%. Calo anche per Fiat, che cede il 4,7% e va a 11,70 euro. Ma John Elkann, presidente di Fiat Chrysler Automobiles, non sembra eccessivamente preoccupato: «Il fatto specifico che è avvenuto a Volkswagen si conoscerà poi meglio nei dettagli, io preferisco non commentare quello che succede ai concorrenti. Come ha detto Acea in maniera molto chiara, questo non è un problema dell’industria, ma un problema specifico della società». Nell’aprile scorso, Volkswagen ha inviato ai proprietari californiani di vetture diesel una lettera per informarli della necessità di «un richiamo per problemi di emissioni». Ai proprietari delle vetture con i motori a rischio di non superare i periodici test veniva detto di portare l’auto al rivenditore, dove sarebbe stato installato un nuovo software per assicurare che le emissioni dai tubi di scappamento venissero «ottimizzate per operare efficientemente». Volkswagen però non chiarì che l’operazione era stata avviata solo per rispettare con un escamotage i severi standard qualitativi delle autorità di controllo locali. Autorità che erano da mesi perplesse sulle macroscopiche differenze tra le emissioni registrate in laboratorio (quelle truccate appunto con il software che alterava i risultati) e quelle nelle prove su strada, dove il programma che abbassa i livelli di emissioni di gas inquinanti non funzionava. Intanto si viene a sapere che all’ex capo di Volkswagen, Martin Winterkorn, spetta una pensione da 28,6 milioni di euro. Il dato emerge dall’ultimo report annuale che, spiega Bloomberg, «non indica condizioni per cui la somma potrebbe non venire pagata». A Winterkorn potrebbero anche andare due annualità, in caso di uscita, per 33 milioni totali. Lo scorso anno a Winterkorn, 68 anni, sono andati 16,6 milioni di euro, il secondo stipendio più alto della Germania. Se il board decidesse però di porre fine al mandato di Winterkorn prima della scadenza per un motivo di cui il manager viene ritenuto responsabile, la buonuscita potrebbe venire rivista in modo deciso. Nel comunicato del board, comunque, si sottolineava che «Winterkorn non era a conoscenza della manipolazione dei dati» e veniva ringraziato «per il suo elevato contributo» alla società. Fra i bonus, si legge nel report, c’è anche la possibilità di utilizzare una vettura Volkswagen per tutto il periodo in cui gli verrà corrisposta la pensione. E Volkswagen potrebbe scegliere il nome del nuovo amministratore delegato già venerdì prossimo. Il supervisory board starebbe guardando a due nomi: Matthias Mueller, appoggiato dalle famiglie che controllano Vw, e Herbert Diess, un ex dirigente Bmw scelto quest’anno per guidare la nuova divisione Brand del gruppo. Secondo alcuni analisti, a Mueller potrebbe venire affidato un interim necessario a stabilizzare la società, che verrebbe poi affidata a Diess, oppure a Andreas Renschler, numero uno della divisione veicoli commerciali. Ma per Commerzbank un possibile candidato sarebbe anche Sascha Gommel, capo di Skoda, la società ceca controllata dalla casa di Wolfsburg. L’unica cosa al momento certa è che il successore non sarà un esterno al gruppo, considerato che il 51% di Vw è in mano alle famiglie Porsche e Piech, con la Bassa Sassonia che detiene un ulteriore 20%. Sempre domani, secondo due fonti interne alla compagnia, il consiglio di supervisione dell’azienda tedesca inizierà anche a rivelare chi sono i responsabili della manipolazione tecnologica. Dopo gli Stati Uniti, dove lo scandalo è scoppiato, anche il Messico vuole accertare se la Volkswagen ha venduto nel Paese auto con i famigerati motori diesel truccati per alterare i risultati sui gas di scarico. Anche se questo rischia di aver un impatto sulla grande fabbrica d’auto che Volkswagen ha a Puebla, dove lo scorso anno sono state prodotte 475.000 auto, di cui oltre l’80 % esportate negli Usa. L’impianto, su cui la casa di Wolfsburg a maggio aveva annunciato investimenti per 1 miliardo, dà lavoro a 11.000 persone direttamente e a 35.000 nell’indotto. Il gruppo di Wolfsburg potrebbe dover affrontare una gigantesca class action, con 11 milioni di potenziali aderenti, tanti quanti sono i veicoli coinvolti nello scandalo. Se la Volkswagen non fosse in grado di modificare il motore delle auto in modo da farli rientrare nei parametri di legge, i veicoli coinvolti sarebbero inutilizzabili perché illegali. Ai 18 miliardi di multa massima ipotizzata dall’Epa si potrebbe aggiungere quindi un mega rimborso ai consumatori e ai concessionari con i magazzini pieni di auto invendibili, calcolabile attorno ai 50 miliardi di dollari. Già 25 sono le class action annunciate in Usa, che sembrano destinate ad aumentare. In Gran Bretagna, secondo il Daily Mail, centinaia di migliaia di clienti che hanno acquistato Volkswagen, Audi o Seat sarebbero pronti a unirsi per chiedere un risarcimento. L’amministratore delegato di Volkswagen Italia, Massimo Nordio, fa sapere che sono in corso verifiche sui veicoli venduti o circolanti nel nostro paese. Nella lettera al ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, Nordio scrive che mentre i veicoli con motori diesel EU6 sono tutti rispondenti alla normativa europea per i gas di scarico EU6 e sono dunque «totalmente estranei al caso», per le altre motorizzazioni diesel «la nostra casa madre Volkswagen AG sta lavorando a pieno ritmo per comprendere se le anomalie riscontrate all’estero possano riguardare tecnologie utilizzate anche su autoveicoli in vendita o circolanti sul territorio nazionale». L’ad italiano conclude la lettera assicurando «la più ampia e fattiva collaborazione in merito». Intanto il pm Raffaele Guariniello della procura di Torino ha aperto un’inchiesta sulle vetture in circolazione in Italia. Non ci sono iscritti nel registro degli indagati. Sono già stati comunque ipotizzati alcuni reati, tra cui la frode in commercio.
(IlCorrieredellaSera)