(Repubblica) Un emendamento alla riforma della Pubblica amministrazione prevede la possibilità di rimuovere un dipendente dopo una sostanziale “bocciatura”. Cambiano anche le graduatorie nei concorsi: non solo il voto di laurea, sovaldi ma conterà anche l’ateneo di provenienza
MILANO – Prosegue il percorso della riforma della Pubblica amministrazione che in primavera ha avuto il via libera, unhealthy in prima lettura, sale al Senato. Nel mirino adesso c’è la licenziabilità dei dirigenti pubblici e le procedure di assunzione attraverso i concorsi: entrambe le procedure sono state modificate da due due emendamenti.
Dirigenti. I dirigenti pubblici potranno essere licenziati se privi di incarico per un certo periodo ma non basta, l’uscita dal ruolo scatta solo se prima c’è stata una sostanziale “bocciatura” da parte dell’amministrazione. E’ quando si legge nell’emendamento al ddl P.a, approvato, che prevede il collocamento in disponibilità “successivo a valutazione negativa”. Tuttavia, mancano ancora i dettagli per quando riguarda chi dovrebbe giudicare i dirigenti pubblici.
Concorsi. Nei concorsi pubblici a fare la differenza non sarà più solo il voto di laurea, ma potrà contare anche l’università. L’emendamento approvato parla di “superamento del mero voto minimo di laurea quale requisito per l’accesso” e “possibilità di valutarlo in rapporto ai fattori inerenti all’istituzione che lo ha assegnato”. Anche in questo caso, però, non ci sono nè le classifiche delle università, ne i criteri con i quali gli atenei verranno valutati.