MILANO – Anche per il Cavallino Rampante si prospetta uno schema societario in stile Fiat Chrysler e Cnh, la vecchia Fiat Industrial. Cioè una società ‘holding’ con sede all’estero, forse in Olanda, e quotazione a New York, poi sotto le aziende operative. Una configurazione societaria che permetterà molto probabilmente agli Agnelli e a Piero Ferrari di stringere la presa sulla casa di auto di lusso, in termini di diritti di voto, qualora le regole italiane, allo studio della Consob, non si adegueranno al modello voluto dai vertici Fiat. “La struttura sarà più gestibile e poi è la terza volta che lo facciamo, dopo Cnh Industrial e Fca, quindi ci resta molto più facile. Cerco sempre la semplicità, oltre i maglioni neri”, ha concluso scherzando.
Le conferme, in vista dello scorporo di Maranello dal gruppo Fca e della successiva quotazione a Wall Street di un suo 10%, sono arrivate dallo stesso numero uno Sergio Marchionne, che è intervenuto al salone dell’auto di Ginevra spendendo ancora parole di sostegno per il governo Renzi e soprattutto al suo Jobs Act.
L’assetto di Ferrari. Il manager italo-canadese ha detto che Ferrari “continuerà a pagare tasse in Italia e continuerà a fare vetture in italia. Però può darsi che ci sarà un’azienda al di sopra della Ferrari spa. Ma non si tratta di aziende operative. Questo e il metodo con cui raggruppiamo le nostre attività”.
Fca, che possiede il 90% di Ferrari (il restante 10% è in mano all’erede di Enzo, Piero) prevede di quotare una quota pari al 10% del capitale del Cavallino Rampante a Wall Street (incasso stimato da Mediobanca, 800 milioni). Per altro, proprio da Ginevra il manager ha ricordato che “tecnicamente è possibile” quotare una parte superiore al 10% di Ferrari, ma bisogna “posizionare la giusta quantità di titoli: vendere è estremamente facile ma poi il problema è stabilire il prezzo”. Quale che sia la quota, contestualmente ci sarà lo scorporo di Maranello dal gruppo di Torino-Detroit e la distribuzione delle azioni non quotate agli azionisti di Fca. La proprietà della scuderia passerà quindi pro quota agli attuali azionisti di Fca, oltre che a Piero Ferrari. Significa che gli Agnelli avranno una fetta della Ferrari direttamente attraverso la holding di famiglia, Exor, invece che tramite la mediazione di Fca. Grosso modo, controlleranno direttamente il 24% del Cavallino.
Secondo i calcoli di Bloomberg, basati su un’Ipo del 10%, se la società deciderà di applicare un programma di ‘fedeltà’ per gli azionisti duraturi nel tempo, come avvenuto con Cnh e Fca, potrà garantire un voto maggiorato ai soci storici. Unendo la maggiorazione per gli Agnelli (36% dei voti) a quella di Piero Ferrari (15%), l’agenzia Usa calcola che – in caso non ci siano altre richieste da parte di altri soci di accedere alla maggiorazione dei voti – il tandem possa arrivare al 51% dell’assemblea Ferrari.
“Renzi è un leader”. Da Ginevra, Marchionne è tornato ad esprimere apprezzamento per il Jobs Act. “Renzi continui a fare il suo lavoro. Ho preso parecchi insulti anch’io, non se ne preoccupi”, ha detto il manager. “Vedo tanta gente che urla sul palcoscenico della politica, mi viene quasi da ridere – ha aggiunto -. La disoccupazione sta scendendo, il Pil dicono sia positivo, lo spread è sceso. Quale altro obiettivo abbiamo?”. Proprio sul legame con il premier, Marchionne ha detto che “i miei rapporti con Renzi sono cambiati perché l’ho conosciuto. Prima non lo conoscevo. Lo giudico sul semplice fatto che sta facendo e ha il coraggio di affrontare il cambiamento e portarlo avanti: è uno che lavora, ha caratteristiche da leader”.
Sull’operato dell’esecutivo, la riforma del Lavoro “è un atto dovuto” dal quale deriva una “modernizzazione” del mercato, in grado di attirare “gli investitori esteri”. Dopo la visita allo stabilimento Fca di Mirafiori, il premier Renzi “è rimasto impressionato dall’impegno del gruppo”, ha rivelato Marchionne. Che in cambio ha promesso altri passi avanti: “Se le iniziative che abbiamo in campo, come la nuova Alfa Romeo o il Levante a Mirafiori che entrerà in produzione a fine anno, andranno bene, credo che ci saranno altre assunzioni”, oltre a quelle fatte a Melfi: 1.500 posizioni che “potrebbero salire a 1.900”.