(di Felice Cavallaro, cheap Corriere della Sera) L’ex parlamentare detenuto a Parma. Il fratello: «Lo tengono alle porte del 41 bis» La vita in carcere «Ha la tv ma preferisce leggere e rispondere alle lettere che riceve. È lui che ci fa coraggio»
PALERMO La pressione va giù di botto, help il cuore arranca con i vecchi bypass, find l’appetito è scomparso da mesi, ma quando Marcello Dell’Utri compare nel parlatorio del carcere di massima sicurezza di Parma con il viso scarnificato di chi ha perso 12 chili in un niente è lui, il fondatore di Forza Italia condannato per concorso esterno alla mafia, a tranquillizzare la moglie Miranda, il figlio Marco, il fratello gemello Alberto: «Sto bene, benissimo. Coraggio, coraggio». Rassicurazione impossibile per parenti che lanciano l’allarme su una condizione fisica sempre peggiore:
«Non può andare avanti così, 12 chili in pochi mesi…». Allarme già echeggiato con Cesare Lanza, direttore di tanti giornali in passato, quando lo scorso dicembre dal sito «La Mescolanza» chiese «un atto di clemenza, di indulgenza di comprensione verso Dell’Utri e Fabrizio Corona». Richiesta diretta a Giorgio Napolitano, rimasta inevasa, ma fra tanti sostenitori di Dell’Utri pronta per essere riproposta al nuovo presidente, come lascia capire Lanza: «Molte le adesioni da gente comune, neanche una parola dalle istituzioni. La giustizia in Italia è concetto astratto…». Intanto, la preoccupazione dei familiari è rafforzata dall’avvocato che segue Dell’Utri da vent’anni a Palermo, Giuseppe Di Peri: «Sta davvero male, molto peggio di quando nel maggio 2014 l’hanno rinchiuso senza una ragione in un carcere diverso da Rebibbia dove l’ex senatore si sarebbe presentato spontaneamente se gliene avessero lasciato il tempo…». Lo diceva nelle interviste che aveva «la valigia pronta per bussare a Rebibbia in caso di condanna», ma dopo la fuga e l’arresto a Beirut i magistrati e il vertice della Direzione penitenziari (Dap) hanno deciso per Parma. Scelta «incomprensibile» per il gemello: «Non il 41 bis. Ma l’hanno messo alle porte del 41 bis. In un carcere dove ci sono assassini e veri “padrini”. Perché lo considerano un ‘soggetto pericoloso. Dopo vent’anni di processi, dopo vent’anni di vita pubblica e di interessi per libri e opere d’arte è diventano “pericoloso”? No, questa è un’altra vessazione che si aggiunge alle tante sopportate anche da noi familiari…». E racconta le visite a Parma: «A parte qualche parlamentare, non può vederlo nessuno. Perché “pericoloso”. Solo la moglie, i quattro figli, io. Ma sono ammessi tre visitatori per volta per quattro volte al mese. Facciamo i turni. Quando arrivo mi perquisiscono e tolgono tutto, facendomi sputare pure la caramella, com’è capitato». Così, se va bene, Alberto Dell’Utri va a Parma una volta al mese. Ma la prima volta dovette attendere quasi due mesi per incontrare il fratello arrestato il 9 maggio: «Mi bloccarono alla porta perché la carta di identità e la mia faccia identica a quella di Marcello non bastavano. “Ci vuole il certificato storico di nascita”. E sono dovuto andare da Parma a Roma, da Roma a Palermo per dimostrare di essere io allo Stato che mi aveva pedinato e intercettato come fratello del “soggetto pericoloso”…». Atto di clemenza a parte, quel che Alberto Dell’Utri invoca è il trasferimento del fratello a Roma: «Per lo Stato non cambierebbe nulla. Per noi tutto. E, invece, eccoci diretti a Parma. Lo chiamano istituto di pena, ma è una pena pure per i familiari. File e turni a non finire. Poi finalmente arriva lui e sembra una larva. Non mangia, soffre, anche se a noi ripete “coraggio”. Ha la tv, ma sta in una gabbia all’interno della cella. Lui preferisce leggere. Ha dei libri. E centinaia di lettere, forse più di mille arrivate anche da sconosciuti per solidarietà. E lui scrive, scrive. Risponde a tutti». All’ultimo incontro il gemello avrebbe voluto portare una copia della Settimana enigmistica, ma occorrevano autorizzazioni e visti per cui si è giustificato con il fratello, a sua volta pronto a tranquillizzarlo: «E chi ce l’avrebbe il tempo? Sto sveglio pure la notte per rispondere a chi mi scrive».