Ribaltata in appello la sentenza che condannava il provider a rimuovere le immagini delle trasmissioni dopo le diffide del gruppo televisivo. Il Biscione aveva chiesto 200 milioni di euro di danni. A rischio anche il processo contro Google in corso a Roma
(di GIULIANO BALESTRERI e DANIELE VULPI, cheap Repubblica)
Diritto d’autore, case Yahoo! non è responsabile per pubblicazione dei video Mediaset. MILANO – Toccherà a Mediaset indicare al giudice in modo qualificato, puntuale e circoscritto quali video Yahoo! dovrà rimuovere. Lo ha stabilito il Tribunale di Milano ribaltando integralmente il giudizio di primo grado: nel 2011 il Biscione aveva, infatti, ottenuto una sentenza inibitoria nei confronti di Yahoo! Italia in relazione alla pubblicazione di frammenti di trasmissioni tv tramite il servizio Yahoo! Video. Mediaset, attraverso la controllante Rti, aveva poi chiesto oltre 200 milioni di euro di danni perché secondo il tribunale la diffusione non autorizzata di video costituiva una violazione del diritto d’autore.
Diritto d’autore. Un giudizio che adesso viene completamente ribaltato. “La sentenza – dice l’avvocato Marco Consonni dello studio Orsingher Ortu – riforma integralmente la decisione di primo grado che fu un enorme terremoto nel mondo dei servizi di videosharing. Oggi il servizio di Yahoo! Video non esiste più, ma allora era uno dei concorrenti di YouTube”. Una spina nel fianco per Mediaset – così come per tutti i produttori di video e a cascata per i titolari di qualunque diritto d’autore – che dal 2008 ha intentato una ventina di cause contro i portali di videosharing con enormi richieste di danni: 500 milioni solo nei confronti di Google. Molte cause, però, sono ancora pendenti proprio le molte questioni tecniche da dirimere.
Il ricorso. Fonti Mediaset fanno sapere che il gruppo ricorrerà in Cassazione confidando nel ruolo di arbitro della corte suprema. Di certo la decisione del tribunale di Milano è destinata a fare giurisprudenza in tutto il settore dei diritto d’autore, uniformandosi, di fatto, alle norme già in vigore all’interno dell’Unione europea. La Corte Ue ha messo stringenti paletti alla possibilità di ritenere un provider responsabile dei contenuti pubblicati dagli utenti vincolanto l’eventualità alla circostanza che lo stesso, ricevuta una segnalazione “qualificata, puntuale e circoscritta” non si sia, poi, adoperato per porre fine alla violazione.
La direttiva dell’Ue. Citando la direttiva europea i giudici di Milano spiegano quindi che “l’accertamento del tribunale non avrebbe potuto spingersi a imporre all’hosting provider, ordini generali, o peggio ancora, obblighi di sorveglianza generali vietati dalla stessa direttiva”. In sostanza non è possibile ritenere l’esistenza, anche solo indirettamente, di un obbligo generale di sorveglianza sui contenuti pubblicati in capo al provider, chiunque esso sia.
“Nel 2001 – prosegue Consonni – il servizio di Yahoo! Video non poteva essere qualificato come servizio di hosting di contenuti video ai sensi della direttiva europea sul commercio elettronico in quanto aveva delle carattersiche attive: non si limitava a ospitare passivamente i contenuti ma aveva una piattaforma che utilizzava la pubblicazione per creare su di essa dei servizi collegati. Non era quindi un servizio di hosting puro”. Ma adesso secondo i giudici la situazione è cambiata: “Si tratta senza dubbio di un servizio di hosting di contenuti – spiega l’avvocato – che ricade nella regolamentazione della direttiva comunitaria. Il fatto che ci siano quelle funzionalità accessorie fa parte dei odierni servizi di hosting e quindi Yahoo! Italia può beneficiare del regime di limitazione della responsabilità del provider”.
La contestazione. Proprio quello che contesta Mediaset. Il Biscione lamenta il fatto che permettendo a qualunque utente di caricare e guardare video prodotti da altri, i provider abbiano la possibilità di guadagnare ingiustamente attraverso la raccolta pubblicitaria. Un problema ancora più sentito nei confronti di Google che – di fatto – sul fronte delle concessionarie online si trova in una situazione di posizione dominante. Un anno fa, i giudici nel processo in corso a Roma avevano chiesto proprio a Mediaset se avesse segnalato puntualmente a Google quali video rimuovere, restando in attesa di una risposta.
Il precedente spagnolo. Una mossa che ricacalcava quella dei giudici spagnoli della Corte d’Appello di Madrid che avevano già confermato la sentenza con la quale, nel 2008 il Tribunale aveva integralmente respinto le domande proposte da Telecinco nei confronti di YouTube nell’ambito di una vicenda gemella. Il tribunale ha quindi ribadito che per arrivare alla rimozione dei video non sono sufficienti le diffide con le quali Mediaset chiedeva alla piattaforma – in questo caso Yahoo! – di cancellare i video dei suoi programmi. Anche perché la risposta di Yahoo! era sempre “bene, ditemi dove sono”, mentre Mediaset replicava: “Non è compito nostro, tocca a voi scovarli e cancellarli”.
Non la pensano così i giudici secondo cui per ottenere la cancellazione serve un’indicazione puntuale e qualificata (di fatto la url con il link in questione) del frammento incriminato. La preoccupazione di Mediaset è che adesso la sentenza di Milano impatti sulle prossime decisioni di quello di Roma, dove la causa – del tutto simile – con Google è ancora pendente. “Di certo – conclude Consonni – è una sentenza estremamente importante nel panorama italiano. La creazione della figura dell’hosting attivo era un’anomalia nel panorama europeo. In pratica succedeva che un provider con attività paneuropee fosse disorientato rispetto alle iniziative da prendere in Italia. Ora è chiaro che spetta a un giudice ordinare di rimuovere un determinato contenuto, mentre per la decisione del 2011 bastava l’ingiuzione da parte del titolare dei diritti, pena la responsabilità del provider”.