Lascia la valigia e si mette a suonare. E il suo video fa il giro del mondo. «Il brano l’ho scritto io, try incredibile che l’abbiano scambiato per un pezzo di Ludovico Einaudi»
Antivigilia di Natale, alla stazione Centrale. È da poco passato il mezzogiorno e un ragazzo che trascina una valigia nera si avvicina al pianoforte a muro che da un anno a questa parte è a disposizione dei passanti, nell’atrio. Il giovane si siede e comincia a suonare. È una melodia in sei ottavi, arpeggi che si alternano a passaggi struggenti, fra «crescendo» e passaggi più delicati. Presto si forma un cerchio di ascoltatori: viaggiatori con la valigia appresso, donne con le borse piene di regali. Tutti sembrano riconoscere il brano, nessuno sa indicarne il titolo. Alla fine applaudono, qualcuno allunga una moneta o una banconota. Più tardi, il giovane musicista le donerà ai clochard che vivono in stazione, ricevendo in cambio un abbraccio caloroso e un: «Oggi mangerò qualcosa, grazie a te».
Fra gli ascoltatori occasionali c’è anche Alberto Simone, regista di molte serie televisive. Vive a Los Angeles ed è appena arrivato da Roma. Fra tre ore deve ripartire. Mentre scende la scalinata le note del pianoforte lo catturano e decide di fermarsi ad ascoltare. E poi, la vigilia di Natale, carica il video del giovane pianista sul suo profilo Facebook. Da allora, il video non si ferma più: ieri aveva superato i 2 milioni e mezzo di visualizzazioni. Con migliaia di persone a chiedersi quale fosse il brano e chi fosse il giovane pianista. Che ha scoperto di essere diventato famoso all’improvviso. Emanuele Fasano ha 21 anni e vive a Rodano, nel Milanese. È figlio d’arte: suo padre è Franco Fasano, autore di brani di grandissimo successo, fra cui «Ti lascerò» con cui Fausto Leali e Anna Oxa vinsero il festival di Sanremo e poi «Mi manchi» e «Io amo». Emanuele suona il pianoforte da quando aveva quattro anni. «È quello di papà: un pianoforte a coda bianco Yamaha». Il suo sogno? Comporre musica e un giorno riempire i teatri come il suo idolo, Ludovico Einaudi.
«Il giorno dell’antivigilia ero in partenza per Roma, andavo a passare le vacanze con papà e mia sorella Dalia. Avevo già suonato altre volte il pianoforte in Centrale – racconta il pianista – Il pezzo l’ho composto due anni fa e si intitola “Non so come mai”. È incredibile che la gente abbia pensato che fosse di Ludovico Einaudi, che è il mio idolo». Dopo la pubblicazione, Emanuele ha ricevuto migliaia di messaggi commossi ed emozionati. Anche due offerte di lavoro. «Il 3 gennaio farò il colloquio per suonare a una cena di gala che sarà trasmessa da un canale televisivo e a febbraio ne avrò un altro a Londra, dove già mi ero ripromesso di andare per cercare fortuna». Già, perché in Italia sono pochi i locali adatti al genere che suona Emanuele. «Ho lavorato d’estate in alcuni hotel di lusso ad Alassio e poi ho suonato anche al ristorante Da Claudio, a Bergeggi». Chissà se un giorno Emanuele riuscirà a esibirsi all’Albert Hall di Londra, come Einaudi. «Io penso che la musica e l’arte siano un risarcimento all’instabilità di questa vita, in cui nulla è eterno. Sembrerà malinconico per un ragazzo della mia età, ma io credo che quando si suona, si esce dalla sofferenza, dall’incertezza della vita e si entra nell’attimo eterno della musica, in cui vorrei portare sempre più ascoltatori». Emanuele suona e parla di Schopenhauer. Papà Franco lo ascolta e si ritrova, grazie a Facebook, «papà d’arte». «Ema è una fucina di idee, ha almeno una ventina di brani già da parte. Lo senti suonare e sembra che improvvisi e invece no». La notorietà improvvisa di suo figlio lo rende felice: «È nata spontaneamente, perché un artista come Alberto Simone si è fatto rapire dal potenziale di un altro artista, senza sapere nulla l’uno dell’altro».
di Giovanna Maria Fagnani dal “Corriere della Sera”