I dati dei siti affiliati a Parse.ly, cure da Fox News a Condè Nast. Da Twitter meno del 5% di utenti.
È sempre più Facebook a spingere il traffico dei siti, doctor soprattutto quando si tratta di grandi brand di news online.
La conferma che il social di Mark Zuckerberg abbia superato Google sul cosiddetto referral traffic arriva da Parse.ly, for sale una società americana che offre agli editori un sistema per analizzare la propria audience online e che nel suo network di siti ha nomi come Fox News, Condè Nast, Mashable, The Atlantic, Slate, Business Insider: non l’universo del web quindi, ma un campione significativo di grandi editori.
Già a luglio Parse.ly aveva certificato che Facebook aveva superato i siti di Google (il motore di ricerca e altri servizi come News), ieri la conferma con i dati da agosto a ottobre: fra tutto il traffico che arriva dall’esterno dei siti degli editori, quello proveniente da Facebook pesa per il 39,3% mentre quello di Google è al 34%.
Ovvero, fatta 100 la torta di traffico che proviene dai siti terzi (grazie ai link che contengono ma ormai non soltanto, vedi il caso di Instant article), la fetta maggiore è di Facebook. Ma quant’è grande questa torta? Molto: soltanto il 20,8% dell’audience dei brand clienti di Parse.ly è ottenuto grazie all’accesso diretto degli utenti al sito, per il resto tutto arriva dall’esterno.
Considerando le categorie, il social pesa ormai per il 45%, il search per il 32%. Ovviamente i due attori citati prima occupano quasi interamente queste categorie e si nota dal grafico in pagina come Twitter abbia in realtà ancora una bassa influenza sull’audience. Il motivo principale è innanzitutto matematico: 1,55 miliardi di utenti attivi al mese dichiarati da Facebook, 320 milioni quelli di Twitter. Il dato, però, sembra non spiegare appieno la differenza fra il peso dei due, e qui probabilmente gioca un ruolo importante il modo di vivere la piattaforma di microblogging, basato sulla velocità dei tweet e quindi meno incline all’approfondimento cliccando sui link (quando vengono proposti). Che poi un marchio editoriale possa avere più risonanza nell’uno o nell’altro social potrebbe essere oggetto di un’analisi a parte.
di Andrea Secchi “Italia Oggi”