Ferrovie, un tetto per i pedaggi

La delibera dell’Autorità di regolamentazione dei Trasporti è una decisione «attesa – così la definisce il presidente Andrea Camanzi – da imprese ferroviarie e gestore». Perchè fissa criteri di riferimento che molto hanno a che fare con i temi dell’accesso al mercato, alle infrastrutture ferroviarie da parte degli operatori economici, dell’efficienza dei servizi, della sostenibilità dei costi. In sostanza l’Autorità istituita nel 2013 mette nero su bianco i criteri che il gestore deve utilizzare per determinare i canoni di accesso e utilizzo della infrastruttura ferroviaria; riclassifica la rete introducendo ad esempio quella «a servizio elevato», che comprende l’alta velocità e anche le linee con velocità massima anche superiore a 200 chilometri all’ora (ad esempio le frecce bianche e argento), accanto a rete metropolitana, rete a livello di servizio medio e rete a servizio base; Fissa alcuni paletti, a cominciare dal tetto imposto ai comparti merci, regionali e reti «a servizio elevato», tetto che prevede che nei prossimi anni le tariffe medie di segmento non potranno essere superiori a quelle del 2015.

Uno schema che cambia profondamente il sistema attuale. Sistema che vede sulle tratte dell’Alta velocità pedaggi di 8,2 euro a treno/chilometro – ad eccezione della Roma-Firenze – e sul resto della rete pedaggi medio sui 2,5-3 euro a treno/chilometro. In prospettiva il gestore, grazie alla nuova classificazione della rete, potrà ad esempio agire “al rialzo” sulle tratte delle Frecce, ma non potrà ulteriormente incidere sui pedaggi applicati agli operatori dell’Alta Velocità, dunque Trenitalia e Ntv. Né potrà farlo su servizi merci e regionali. Così come sarà possibile per Rfi utilizzare la leva della flessibilità tariffaria per attrarre nuovi investitori, ad esempio sulle tratte a lunga percorrenza. «La rete ferroviaria – spiega Camanzi – conta circa 330 milioni di treno/chilometri all’anno e ha margini di ampliamento che dovranno essere i soggetti economici a sviluppare anche grazie a queste nuove regole». Guardando la «torta» che disegna le tipologie del traffico nel 2014, emerge come il 58% sia rappresentato dai servizi regionali, le merci pesano per il 12%, l’Alta velocità per il 9% mentre traffico non Av e lunga percorrenza (in sostanza le Frecce) rappresentano insieme il 18%. È in questo comparto che si registrano le maggiori potenzialità di sviluppo dei servizi in futuro. Ed è sempre in questo spicchio di traffico che probabilmente Rfi potrà pescare risorse visto che facendo il confronto con la «torta» dei ricavi ottenuti da pedaggi – un totale di oltre un miliardo di euro – i servizi non Av e lunga percorrenza versano “soltanto” il 15% contro il 24 che arriva dall’Alta velocità. Un settore, pare suggerire il quadro disegnato dall’Autorità, che ha già dato tanto.

I maggiori margini per aumentare l’efficienza, poi, ci sono nel trasporto regionale, «che i cittadini pagano – sottolinea Camanzi – attraverso due canali, il biglietto e i contributi regionali e statali per il servizio». L’intervento dell’Autorità, ripete Camanzi, «rafforza l’autonomia del gestore rispetto a imprese e Stato, puntando su obblighi di contabilità regolatoria e separazione contabile, fissa le tariffe in base alla tipologia del servizio e non della rete e lascia autonomia gestionale a Rfi nell’utilizzare la flessibilità tariffaria per stimolare la crescita del traffico».

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