“L’addio all’Hellas? È stata una delle esperienze più traumatiche della mia carriera da calciatore: io ed altri avevamo preso delle posizioni contro la società, click che non aveva avuto nei nostri confronti un comportamento corretto. E così a fine anno la società decise di mandarci via nonostante le ottime prestazioni. Ci rimasi molto male”. Alberto Cavasin trascorse solo un anno in riva all’Adige, ma quello fu un anno speciale: era il primo anno di Osvaldo Bagnoli sulla panchina del Verona, quella stagione si concluse con la promozione in A. Da quella promozione, si aprì un ciclo vincente che portò alla conquista dello storico tricolore. L’ex difensore del Verona si racconta a tggialloblu.it nella settimana che porta a Sampdoria-Verona, decease due delle sue ex squadre: Genova è stata anche l’ultima panchina per l’allenatore trevigiano.
Un solo anno a Verona, ma intenso, con la promozione in A nel 1982…
“Fu un anno stupendo e pieno di soddisfazioni, facemmo una cavalcata trionfale. Eravamo partiti per vincere il campionato: avevamo molte responsabilità e abbiamo mantenuto il pronostico. Ho solo ricordi positivi di quella esperienza”.
Avevi il sentore che il gruppo di Bagnoli avrebbe fatto cose impensabili?
“In quel momento era impossibile: pensare di provare a vincere lo Scudetto in pochi anni era impensabile. Però si capiva che era un grande gruppo: la società voleva fare bene, i giocatori erano di prima qualità (Garella, Di Gennaro, Tricella, ndr) e l’allenatore era importante”.
Quanto ti è dispiaciuto andare via subito e non far parte di quel gruppo vincente?
“È stata una delle esperienze più traumatiche della mia carriera da calciatore: inizialmente dovevo rimanere ma purtroppo non sono rimasto. Io, insieme a tre-quattro giocatori, non fui riconfermato: ero stato titolare tutto il campionato ed ero nel pieno della mia carriera e delle mie capacità fisiche. Potevo rimanere, a livello tecnico, ma insieme agli altri (Penzo, Guidolin, etc… ndr) avevamo preso delle posizioni contro la società che non aveva avuto nei nostri confronti un comportamento corretto. E così la società ha deciso di mandare via alcuni di noi”.
Novembre 2010: Giannini esonerato dal Verona. È vero che Gibellini ti contattò per offrirti la panchina?
“No, non mi chiamò. O meglio, parlammo al telefono proprio in quei giorni, ma mi chiese altre cose: informazioni generali di calcio. Non mi chiese di diventare il nuovo allenatore del Verona. Non mi propose la panchina dell’Hellas”.
Anche nel febbraio 2015 uscirono voci, sulla stampa nazionale, di un tuo eventuale approdo sulla panchina del Verona…
“No, anche questa volta erano voci infondate”.
Arrivi alla Sampdoria nel marzo 2011. Se potessi tornare indietro nel tempo, rifaresti la scelta di accettare quell’incarico?
“Se potessi tornare indietro, no. Ma le scelte si fanno al momento, in quel momento era una scelta facile da fare: con il calendario che aveva la Samp, pensavo che potevamo venire fuori tranquillamente da quella situazione. Però, quando sono arrivato, ho capito che sarebbe stata molto dura. Se non impossibile…”
Che idea ti sei fatto del periodo nero del Verona?
“Il periodo nero l’ha avuto anche l’anno scorso: ma quest’anno il problema ruota tutto intorno all’assenza di Toni. La squadra deve trovare la sua identità anche senza Toni: il Bomber di Pavullo era il terminale d’attacco che faceva funzionare tutta la squadra. Credo che comunque il Verona ne possa venire fuori: ha la struttura, i mezzi e la qualità nei singoli giocatori”.
Tra l’altro il Verona è l’unica di A ancora senza vittorie. Dei gol fatti, quasi tutti sono arrivati dai calci piazzati (6 su 7). Quanto pesa per una squadra non segnare su azione? Può influire psicologicamente o è una cosa relativa?
“I gol da palla inattiva sono importanti: determinano molte partite. Però in linea di massima il 50% dei gol devono essere fatti su azione. Anche qui, le reti su azione sentono la mancanza fondamentale di Toni: la squadra è costruita su di lui”.
Da ex difensore: pensi che Rafa Marquez sia migliorato rispetto all’anno scorso?
“Fondamentalmente si è integrato di più. La personalità ce l’ha sempre avuta, adesso vedo che prende più iniziativa. La sua espressione tecnica è migliorata rispetto all’anno scorso perché secondo me si è ambientato di più nel nostro calcio italiano: dalla conoscenza tattica ai ritmi di gioco”.
Una tua opinione sul giovane Helander?
“È un giocatore che si sta imponendo, sta facendo delle buone prestazioni. Se mantiene questa continuità, può avere buone prospettive a livello personale che agevoleranno il Verona”.
È stato più difficile vincere la panchina d’oro con il Lecce nel 2000 o cercare di salvare dalla retrocessione il Treviso nel 2006, una squadra obiettivamente da B…
“A Treviso è stato difficile perché eravamo una neopromossa. A Lecce è riuscito tutto bene: a mio giudizio facemmo un calcio brillante anche se ci salvammo solo alla fine. Siamo partiti bene e nonostante non avessimo grandi qualità tecniche avevamo prodotto un calcio offensivo e piacevole: i tecnici apprezzarono questo”.
Sei senza panchina da quattro anni, l’ultima proprio a Genova. Sei pronto anche a valutare l’estero?
“Si, in questo momento si sta muovendo anche qualcosa. Ma la priorità rimane sempre trovare una panchina nel mio paese: se mi venissero offerte possibilità lavorative in Italia sarebbero ben accette”.
Che partita sarà domenica a Marassi?
“Il Verona può fare risultato anche se gli manca un finalizzatore importante come Toni. Pazzini è tornato e ha fatto anche gol: è sempre un ottimo giocatore. Chiaro però, che la Sampdoria in casa è sempre molto temibile: davanti, ha giocatori come Eder, Muriel e anche Cassano che possono decidere in ogni momento una partita. A livello di motivazioni sono pari: il Verona avrà il coltello tra i denti, la Samp deve vendicare la sconfitta contro il Frosinone. Pronostico secco? Un pareggio, penso che il Verona farà una partita importante su un campo storicamente ostico”.
(www.tggialloblu.it 21/10/2015)