(di RAFFAELE RICCIARDI, online Repubblica) L’indice Pmi del colosso asiatico ai minimi da tre anni, view Tokyo chiude in rosso del 3, buy 8%. Listini Ue in netto calo, si estende la peggior performance mensile da quattro anni (-8,5% per lo Stoxx Europe 600). Il greggio rifiata dopo il +25% delle ultime tre sedute.
MILANO – Ore 10:45. L’industria manifatturiera cinese è ai minimi da tre anni e i listini asiatici risentono delle cattive notizie provenienti dal fronte dell’economia reale proseguendo i cali che hanno caratterizzato agosto, chiuso come il peggior mese dal 2012. Una situazione che riporta la pressione anche sui mercati europei e su Wall Street, dove il Dow Jones è reduce dal peggior mese dal 2010 (-6,6%).
La notizia di prima mattina ha riguardato l’indice Pmi manifatturiero cinese, che si è attestato ad agosto a 49,7 punti, dai precedenti 50, in linea con le attese degli analisti. Come è noto, un livello di quest’indicatore inferiore a 50 segnala una contrazione dell’economia mentre un livello superiore indica una crescita. L’indicatore ufficiale è in linea con l’indice Caixin, calcolato sulle interviste ai manager degli acquisti, che è sceso a 47,3 (47,1 il dato provvisorio) dal 47,8 di luglio: per l’analisi indipendente Caixin/Markit si tratta del livello più debole dal marzo del 2009. La Cina è nel mezzo di una doppia recessione e di un rallentamento accidentato, hanno scritto gli analisti di Goldman Sachs ancor prima di vedere i dati sul Pmi, in una nota che tagliava le stime di crescita per il 2016. “Le manovre di supporto all’economia messe in atto da Pechino a Marzo hanno aiutato a rivitalizzare la crescia in maggio e soprattutto giugno. Ma poi c’è stato un nuovo rallentamento, a luglio e agosto, che ha riacutizzato le preccoupazioni di autorità e mercati”.
I dati hanno fatto scattare le vendite a Est: Shanghai, reduce dal -12% di agosto (che ha seguito il -14% di luglio, nella maggiore ondata di vendite dal 1996), chiude in calo dell’1,01% dopo aver sfiorato il -4%. Tonfo della Borsa di Tokyo, che ha chiuso in calo del 3,84%. La debolezza si trascina in Europa, dove le Borse sono in netto ribasso: Milano cede il 2,4%, come Parigi, Londra il 2,3% e Francoforte il 2,5%. A Piazza Affari si mantiene positivo l’Eni, dopo la maxi-scoperta di un giacimento di gas in Egitto che già ieri aveva sostenuto il titolo. Pechino continua intanto la sua stretta anche nei confronti dell’informazione, per cercare di tappare le falle della Borsa: Wang Xiaolu, reporter di Caijing, ha reso una deposizione pubblica alla televisione di Stato – sulla cui spontaneità ci sono ovvi dubbi – ammettendo di aver amplificato rumors da conversazioni private che poi hanno generato il caos sui listini. Come riporta il Ft, la campagna Usa “Protect Journalist” ha denunciato quanto accade a Pechino in questi giorni: “L’iper-sensibilità alle fluttuazioni di Borsa non è un buon motivo per incarcerare i giornalisti che si occupano di quelle notizie”.
Anche l’agenda del Vecchio continente è molto ricca, a cominciare proprio dai dati sui Pmi manifatturieri. In Italia, rallenta ad agosto l’attività manifatturiera: l’indice è sceso a 53,8 punti, dopo aver segnato a luglio con 55,3 il dato più alto degli ultimi quattro anni. In Germania il Pmi si è attestato a 53,3 punti, nell’Eurozona è sceso ad agosto a 52,3 punti da 52,4 di luglio. Occhi puntati anche sulla disoccupazione: in Germania resta ferma al 6,4% a luglio, in Italia è scesa al 12%. L’Istat pubblica anche i conti trimestrali con il dato finale sul Pil del secondo trimestre (l’agenda dei mercati). L’euro è in rialzo sul dollaro: la moneta unica europea viene scambiata con il biglietto verde a 1,13. Ieri, secondo la rilevazione della Bce, l’euro valeva 1,1215 dollari. Lo spread tra i Btp decennali e i corrispettivi Bund tedeschi apre sostanzialmente stabile a 117 punti base. Il rendimento dei titoli di Stato italiani decennali è all’1,96%.
Come accennato, ieri Wall Street ha chiuso un mese pesante, condizionato dalle preoccupazioni per lo stato di salute della Cina e l’incertezza sulla tempistica di quello che sarà il primo rialzo dei tassi di interesse dal 2006 da parte della Federal Reserve. Il Dow ha perso lo 0,7%, per una contrazione del 6,6% nel mese (bisogna risalire al maggio 2010 per trovare un dato peggiore), mentre l’S&P500 ha perso lo 0,8% (-6,3% nel mese), il Nasdaq l’1,1% (-6,9% nel mese). Le contrazioni mensili degli indici usa sono state però più contenute di quelle dello Stoxx Europe 600 (-8,5%, la peggiore da 4 anni), di Shanghai e del Nikkei (-8,2%, peggiore mese dal gennaio 2014).
Il petrolio prende fiato dopo l’ennesimo rally: ieri ha guadagnato l’8,8% e nelle ultime tre sedute ha messo insieme un +25%, che non si vedeva dai tempi (6 agosto del 1990) dell’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq di Saddam Hussein. A spingere gli acquisti, ieri, è stata la manifesta volontà dell’Opec di affrontare la questione dei prezzi troppo bassi per l’eccesso
di produzione in un momento di domanda fragile. Oggi, il barile a New York con consegna a ottobre è sceso a 47,23 dollari al barile mentre il Brent a Londra è sceso a 52,16 dollari. In Europa il greggio è trattato sul mercato europeo con un premio di 4,89 dollari sul Wti.