(di CARLOTTA SCOZZARI, medical Repubblica) Le vendite dell’abbigliamento scendono sul mercato italiano, da 512,57 a 506 milioni, mentre il resto d’Europa sale da 482,6 a 531,9 milioni e le Americhe correggono da 36,6 a 33,32 milioni. L’ultima riga di conto economico migliora anche grazie ai quasi 39 milioni di proventi dalla gestione valutaria. Stanziato in un fondo 1 milione per le vittime del crollo dell’edificio nel Bangladesh
Benetton: i conti migliorano ma restano in rosso, ricavi giù in ItaliaMILANO – I maglioncini e, in generale, i capi di abbigliamento della Benetton continuano a realizzare perdite, anche se il risultato negativo è in netto miglioramento rispetto al 2013. E’ quanto emerge dal bilancio di esercizio del 2014 della Benetton Group srl, che si è chiuso con un risultato netto negativo di 16,8 milioni, contro il rosso di 138,26 milioni con cui era stato archiviato l’anno prima.
I ricavi complessivi salgono a 1,23 miliardi rispetto agli 1,12 del 2013, mentre il risultato operativo è negativo per 58,32 milioni dal rosso di 185,7 dell’esercizio precedente. Grazie a 38,7 milioni di “proventi netti da gestione valutaria”, che riguardano perciò l’andamento del mercato dei cambi, la perdita pre-tasse è di 23,45 milioni rispetto a quella di 186 milioni dell’anno prima. Il bilancio della Benetton spiega che “il saldo della voce utili e su cambi è generato principalmente dal contributo positivo delle coperture sui futuri acquisti in dollari americani (35,9 milioni di euro) e sulle future vendite in rubli russi (3,5 milioni di euro)”.
In una recente intervista, l’amministratore delegato Marco Airoldi, nominato nel 2014, aveva dichiarato che la società sta rispettando la tabella di marcia, che è ancora in perdita con un fatturato stabile ma che dall’anno prossimo i risultati dovrebbero tornare positivi. Airoldi, tuttavia, aveva invitato a non fare confronti con gli anni precedenti perché il perimetro del gruppo è cambiato. Il riferimento è alla super riorganizzazione avvenuta nel 2014 con la scissione del gruppo Benetton in tre rami: uno dedicato all’attività commerciale con in pancia i marchi, la Benetton Group srl, uno industriale, ossia Olimpias Group srl, e uno immobiliare, con il nome di Schematrentanove spa.
E’ stato lo stesso Airoldi a puntualizzare che la scissione delle attività è propedeutica a nuove opzioni strategiche, che potrebbero contemplare il ritorno in Borsa, nel giro di cinque anni, o l’ingresso di un nuovo azionista. La famiglia di Ponzano Veneto, del resto, da un po’ di tempo a questa parte ha riorganizzato completamente il proprio portafoglio di partecipazioni, puntando a vendere quote di minoranza o di maggioranza delle società (si pensi alla cessione del controllo della quotata World Duty Free) così da fare cassa.
Delle tre società nate dalla scissione, quella che descrive l’andamento del ramo dell’abbigliamento è la Benetton Group srl. Tornando ai ricavi, il bilancio fornisce anche i dati sull’andamento della produzione principale, l’abbigliamento appunto, che ha registrato una crescita da 1 a 1,13 miliardi. Tale incremento, spiega il documento, “risente positivamente di una più stringente politica di sconti accordati sia ai clienti terzi che alle società del gruppo”.
Per quanto riguarda la suddivisione dei ricavi legati alla produzione principale per marchio, United Colors of Benetton, il più noto, è cresciuto da quasi 496 milioni a 539,6, mentre Sisley è sceso da quasi 160 milioni a 153,4 milioni. Da ricordare che Benetton, nel 2014, è stata impegnata in un massiccio processo di dismissione di negozi. Il documento fornisce, inoltre, lo spaccato dei ricavi della produzione principali suddivisi per area geografica. E qui si scopre che il mercato italiano è in discesa, da 512,57 a 506 milioni, mentre il resto d’Europa sale da 482,6 a 531,9 milioni e le Americhe correggono da 36,6 a 33,32 milioni.
Tra le pieghe del bilancio della Benetton, si nasconde, inoltre, 1 milione che rappresenta il “contributo, stanziato a fine esercizio, che l’azienda prevede di erogare al Rana Plaza Donor Trust Fund, fondo costituito dalle Nazioni Unite per il risarcimento delle vittime e dei feriti del Rana Plaza a Dacca”. Il riferimento è alle 1.129 vittime, nell’aprile del 2013, dell’esplosione causata da un corto circuito che ha fatto crollare il Rana Plaza a Dacca, capitale del Bangladesh. Tra le fabbriche dell’edificio ce n’era anche una di Benetton, che all’inizio del 2015 aveva fatto sapere che avrebbe pagato il risarcimento.