Sono sempre di più le persone che si spostano al Centro-Nord. Il conflitto sulla flessibilità tra gli abbonati e le ferrovie, discount che obbligano a prenotare
(di Dario Di Vico Corriere della sera)
Potremmo chiamarli i nuovi pendolari della conoscenza. Sono i professionisti, consulenti, manager e dipendenti dell’editoria/università che ogni giorno viaggiano sulle tratte dell’Alta velocità per raggiungere il luogo di lavoro. È stata la Tav a cambiare la loro vita o comunque a consentir loro di scegliere se trasferirsi (o no) per lavoro dalla città in cui abitano. Ora a mettere in primo piano questo segmento di lavoratori del terziario moderno è un conflitto sorto con le Ferrovie dello Stato, uno scontro che nasce dal numero elevato di pendolari sulla tratta Torino-Milano. Gli abbonati sono 1.600 e il loro modo di viaggiare che non può sottostare a orari fissi ha messo in crisi l’organizzazione del Frecciarossa, che deve garantire il posto a sedere a tutti i viaggiatori. Le Ferrovie hanno bisogno di conoscere in anticipo i flussi e questa necessità va a impattare con la libertà dell’abbonato, da qui il conflitto e l’idea (eterodossa) lanciata dalle Fs di coinvolgere il concorrente Italo per poter gestire il surplus di abbonati. «Dobbiamo dare una risposta a un mercato dell’alta velocità cresciuto in modo troppo rapido rispetto alle previsioni, una domanda che in alcune fasce orarie genera sovraffollamento», ha ammesso Vincenzo Soprano, amministratore delegato di Trenitalia.
La vicenda al di là dei suoi aspetti rivendicativi e di lotta (si prospetta un’azione di disobbedienza civile con prenotazioni fasulle per intasare il sistema) ha consentito che fossero resi noti i dati sulla consistenza dei pendolari della conoscenza. Oltre a 1.600 della Torino-Milano ci sono i 2 mila della Roma-Napoli, i 650 della Bologna-Firenze, i 300 della Firenze-Roma e i 300 della Milano-Bologna (a cui vanno aggiunti tra i 3 e i 4 mila abbonati totali di Italo). Commenta il sociologo torinese Angelo Pichierri che ha pubblicato un libro sui flussi di persone e merci nel Nord: «Manca un’indagine sistematica che ci dica come la Tav ha ridisegnato abitudini e spostamenti. A suo tempo avevamo ragionato solo in termini di Padania ma dai primi dati Fs emerge come si debba parlare di un Centro-nord allargato. In attesa di riscontri più solidi trova conferma il ruolo di hub della conoscenza che Milano svolge in maniera sempre più marcata. Dovremmo fotografare meglio l’identikit degli abbonati ma il fatto stesso che si sviluppi un conflitto sulla flessibilità degli orari suggerisce che sono professionisti free lance più che dipendenti inseriti nelle grandi organizzazioni. Sembrerebbero partite Iva ad alto capitale sociale e reddito relativamente basso, professionisti per i quali il tempo è una risorsa preziosissima».
Spiega Alessia Graziano, editor del Mulino che si sposta ogni giorno da Firenze a Bologna: «Nessuno di noi timbra il cartellino e ha un orario fisso. E il tema che poniamo come abbonati è più vasto di quanto non sembri. Imporre un posto prenotato come ci chiedono le Fs significa costringere i pendolari, specie al ritorno, a rallentare la corsa verso casa. Quasi nessuno di noi è in grado di sapere quale treno prenderà. Il più delle volte si salta su treni in ritardo magari di orari precedenti o comunque si decide solo in stazione». Se non ce la fa a prenotare, e nel frattempo sono partiti almeno tre buoni treni, il pendolare sale e paga 8 euro. Non solo. Se ha perso il treno che aveva previsto e prova a prenotare quello successivo (sul quale però non c’è posto), sale con 8 euro di multa.
La verità è che il fattore tempo è così decisivo nell’economia di questi lavoratori che in realtà il percorso in treno è organizzato ormai come una porzione della giornata lavorativa e sono decisivi «gli interstizi temporali».
Nelle scelte di vita dei nostri pendolari la Tav ha cambiato molto. Chi è single ha imparato a fare i conti tra costo dell’abbonamento e affitto di una piccola abitazione nella città in cui lavora, chi ha famiglia vuole comunque rientrare ma ha potuto accettare occasioni di crescita professionale che una volta avrebbe rifiutato per non cambiare la città di residenza. Giuseppe Berta, storico torinese e docente alla Bocconi di Milano, è pendolare anche lui: «Non mi stupisco dell’impatto dell’alta velocità. Ho sempre pensato che avrebbe cambiato i flussi tra le due città e anzi ipotizzavo numeri più larghi. È interessante, poi, annotare due cose: il flusso è mono-direzionale da Torino per Milano e non corrisponde però a una vera integrazione». Nonostante tutti i discorsi su Mi-To, viene da dire.
Resta sullo sfondo il Nord Est dove non c’è l’alta velocità, ma i movimenti tra le città sono fittissimi e condizionati però da orari che escludono la sera. A una certa ora c’è il coprifuoco e non si torna a casa .